14. Dicembre 2021 · Commenti disabilitati su Jeans da Donna – Come Scegliere i Migliori · Categorie:Abbigliamento

I jeans sono un capo d’abbigliamento che nasce per la sua robustezza, ma che nella sua evoluzione ha seguito sempre più i percorsi della moda sino a diventare, in alcuni casi, elegante e ricercato. Leggete la nostra guida per scegliere la tipologia di jeans da donna più adatti alle vostre esigenze.

Origini

Il jeans è antico, risale infatti a tantissimi anni fa. Già nel Medioevo, ad esempio, esisteva la stoffa del jeans, che serviva più che altro per coprire le navi. Il cotone in questione era un tessuto molto resistente, principalmente di colore blu e arrivata da Nimes. Il jeans è nato dapprima come un pantalone da operaio, lo utilizzavano infatti nell’800 gli scaricatori di porto, nella città di Genova.

E’ solo a partire dal 1850 che s’iniziò a pensare al jeans come un capo d’abbigliamento diverso. I primi pantaloni-jeans furono prodotti a San Francisco e vennero indossati prima dai cercatori d’oro, poi da cowboy e poi dai contadini. Fu solo intorno al 1920 che il jeans viene pensato come un pantalone da indossare al di fuori del lavoro. Qualche anno più tardi, viene prodotto anche un altro tipo di pantalone a jeans, con un destinatario diverso, se vogliamo.

E’ l’anno infatti della nascita del jeans per la donna. Il jeans quindi diventa da quel momento in poi, il primo capo in assoluto, che può indossare indistintamente, sia l’uomo che la donna. Con il passare del tempo, il jeans diviene persino un capo elegante, e molte sono le case produttrici di jeans di griffe famose a livello internazionale. Da ricordare anche il periodo (negli anni ’50) del divieto di indossare il jeans negli ambienti scolastici, ma allo stesso tempo, il mondo dello spettacolo li usava tramite grandi divi come James Dean, giusto per citarne uno tra i più conosciuti. Negli anni ’60 il jeans diventa a tutti gli effetti il pantalone dei giovani, senza distinzione per i popoli e ceti sociali.

Il jeans un tempo era considerato solamente un capo d’abbigliamento sportivo, mentre oggi abbinarlo ad una giacca nera (ad esempio), diventa un completo elegante. Sempre più spesso, si vedono invitati a cerimonie e feste, vestite coi jeans. Molto elegante se indossati con un paio di scarpe con il tacco; casual se si scelgono scarpe da tennis.

Un capo quindi che si trasforma da solo, a seconda dei nostri gusti e delle nostre esigenze. Anche per quanto riguarda i colori del jeans, abbiamo ampia scelta, soprattutto sulle tonalità del blu, ma li possiamo trovare anche neri o marroni. Nel paragrafo successivo, vedremo quanti tipi di jeans esistono, i modelli sono praticamente gli stessi dei pantaloni, si differenziano per il tessuto appunto. Li possiamo scegliere lisci oppure con qualche ricamo, disegno, scritte, parti stracciate, con tasche, tasconi, senza tasche. Insomma, una grande varietà per fare la differenza.

Il jeans è uno dei capi che si vende molto in qualsiasi negozio, come vedremo più avanti, è indicato per tutti, uomo, donna e bambino. È sicuramente il capo più venduto rispetto agli altri tipi di pantaloni. Si può indossare per andare in ufficio, presentarsi ad una riunione di lavoro, ad una festa.

La diversità è rappresentata dalle scarpe che si abbinano, ma anche il fatto di accoppiarlo con una camicia piuttosto che con un maglione, cambia decisamente il risultato finale. Il jeans va scelto anche in base alle “forme” di chi lo indossa. I modelli a vita bassa, ma anche quelli super elasticizzati sono indicati a chi può permetterselo, a chi cioè, è magra. Per chi invece, ha qualche chilo di troppo, dovrebbe rivoltare la scelta del jeans verso quei modelli piuttosto larghi. Indossati con un paio di decoltèe, risalta la femminilità. Chi ha i fianchi stretti, può scegliere anche il jeans a vita alta, mentre quelli con il cavallo basso sono sconsigliate a chi è alta, magra e slanciata. Insomma, ad ognuno il suo jeans e la propria femminilità!

Tipologie

Quanti tipi di jeans esistono e quale possiamo scegliere ? Dipende in che contesto dovete indossarlo.

Classici
E’ il classico pantalone sportivo, che se abbinato con una maglia elegantina, può rendere il look davvero accattivante. Possono essere indossati sia con scarpe da tennis che con le decoltè.
A sigaretta
Di moda negli anni ’80, è tornato prepotentemente di moda, anche se, sono convinta, che oggi tutta sia moda e ognuno fa moda, (e scusate il bisticcio di parole), a modo suo. Si tratta comunque di pantaloni che partono “larghi” in alto e che finiscono a sigaretta, ovvero terminano stretti in fondo.
A zampa d’elefante
Al contrario dei pantaloni sopra descritti, questi in oggetti, hanno la forma di zampa d’elefante, la cui misura della “zampa” può variare. Partono in ogni caso giusti alla vita, all’altezza delle ginocchia si restringono e terminano la loro corsa a zampa, quindi larghi, fino a toccare anche il pavimento.
A vita bassa
I jeans a vita bassa sono quei pantaloni che lasciano scoperto l’ombelico, e sono molto di moda, soprattutto tra le giovani donne. Solo nello Stato della Lousiana, sono stati messi al bando, ovvero sono considerati illegali. Questo tipo di jeans ( o pantalone), oltre a tenere scoperta mezza pancia, lascia intravedere il tanga o il perizoma che sia. Insomma, il capo dello Stato, ha decretato una nuova legge, contro l’indecenza di queste giovani che vanno contro il buon costume.
A vita alta
Si tratta dei classici pantaloni da “signora” che al contrario dei precedenti tengono coperto l’ombelico.
A sette ottavi
Pantaloni che si differenziano dagli altri per la lunghezza. Questi arrivano appunto ai tre quarti, all’altezza più o meno tra la caviglia e le ginocchia.
A tre quarti
Si tratta di pantaloni che sono ancora più corti dei tre quarti, e arrivano appena sotto il ginocchio.
A salopette
Lunga o corta si tratta di un pantalone con pettorina, denominata appunto salopette.
Queste sono le principali tipologie dei pantaloni da donna, ma i modelli sono dei più svariati. Con pences o senza, con lo spacchetto in fondo, completi di cintura, con cerniera o con bottoni, con tasche, senza tasche o ancora con tasche finte.

Come scegliere

I jeans da donna sono indubbiamente uno dei capi d’abbigliamento più diffusi. Sono presenti infiniti modelli e marche ed è pertanto necessario effettuare una selezione per identificare il modello adatto al proprio corpo. Leggete la nostra guida all’acquisto per scegliere il modello più adatto a voi.

Corporatura longilinea
Questo tipo di corpi non ha problemi nell’indossare qualsiasi modello di jeans. Si consiglia comunque un jeans con una leggera svasatura alla base, oppure un modello a vita bassa, con una leggera altezza maggiore nella parte posteriore. Tale corporatura permette anche il jeans attillato, per risaltare le forme.
Corporatura formosa
A chi possiede curve generose, è consigliabile un jeans dritto dai fianchi al ginocchio, che poi si allarga in fondo; chi invece ama gli stivali, può acquistare i jeans da stivale con un’ampia svasatura alla base.
Corporatura atletica
Chi possiede questa corporatura, ha solitamente fianchi stretti e gambe atletiche. E’ possibile valorizzare il proprio corpo, portando jeans a vita bassa con cintura sagomata, oppure un bel modello che si allarga in fondo, con una svasatura elegante. Non si consigliano i vecchi scampanati, che conferirebbero un’aria “retrò” poco adatta. Molto indicati sono invece i jeans a sigaretta, che accentuano le forme ed esaltano i punti di forza della propria corporatura.
Corporatura abbondante
Le persone che possiedono una corporatura abbondante devono valutare alcuni elementi per la scelta del jeans. Innanzitutto esso non deve essere troppo aderente e deve possedere una certa elasticità; inoltre si valuti che una svasatura in fondo equilibra l’aspetto di una corporatura abbondante (si pensi ai modelli “bootcut”), e un colore scuro aiuta a conferire un effetto snellente. In base a queste considerazioni, sono particolarmente indicati i Jeans Gap, Levi’s e Old Navy, che, utilizzando il materiale spandex, consentono un estremo adattamento alla figura.

Dove acquistare

Se volete acquistare un jeans, sono molti i negozi dove potete rivolgervi. Per un jeans che potete anche indossare con una giacca elegante, vanno scelti i negozi del centro città e di un certo tipo. Un jeans lo potete comprare a qualsiasi prezzo, a partire persino da 5 euro, quelli soprattutto di produzione cinese. Non sono tuttavia da sottovalutare, hanno spesso dei bei modelli, disegnati molto bene e fanno la loro “scena”. Questi tipi di negozi sono le mete giusto se volete acquistare un paio di pantaloni informali.

Un occhio di rispetto anche al mercato bisettimanale della vostra città. Ci sono banchi che vendono abbigliamento discreto a prezzi abbordabili. Date un’occhiata soprattutto ai banchetti ben ordinati e sistemati bene, come se fosse davvero un negozio all’aperto, e non uno spazio da “discarica” dove pantaloni e quant’altro sono lasciati tutti spiegati e disordinati.

Ovviamente, si può fare una visita anche nei centri commerciali. Oltre ai tanti negozi presenti, all’interno dell’ipermercato, nel reparto abbigliamento, troverete sicuramente il jeans che cercate. Esistono poi gli outlet dove negozi di abbigliamento li fanno da padrone, o ancora i grandi magazzini dedicati solo a questo genere di articolo. Non vi piace acquistare sulla “terra”? Niente paura, anche sul web ci sono negozi on line di questo genere. Tante vetrine e tanto l’imbarazzo della scelta.

Unico neo: dovrete fare i conti con i cambi di merce. E’ vero, che quasi tutte le ditte consentono il cambio di taglia, ma in questo caso ci sono di mezzo le spese di spedizione. Meglio ordinare la taglia esatta, consultando la tabella con tutti i riferimenti per scegliere quella giusta. Questo perchè come sapete, può capitare, tra una ditta e l’altra ci sia differenza di misure. In alcuni casi, è possibile farsi spedire a casa il catalogo cartaceo, ma se siete amanti del virtuale, potete sfogliare il catalogo on line, e ordinare subito tramite mail. Dopo pochi giorni, riceverete direttamente a casa il vostro ordine.

14. Novembre 2021 · Commenti disabilitati su Kimono – Come Sceglierlo e Come si Indossa · Categorie:Abbigliamento

Il kimono è l’indumento tradizionale del Giappone, ne esistono modelli femminili e maschili. La sua storia affonda nelle radici della cultura del sol levante. Il termine kimono viene utilizzato per indicare un indumento tradizionale giapponese, costituito da una lunga tunica incrociata dalle ampie maniche e legata da una fascia in vita. Caratteristica estremamente particolare di tale veste è quella per la quale il lembo sinistro viene sempre posto al di sopra di quello destro in tutte le occasioni tranne che ai funerali, ove avviene l’inverso a guisa di simbolo.

Origini

Il sostantivo kimono (o, italianizzato, chimono) è stato sottoposto ad una notevole evoluzione. Basti pensare che, in origine, esso veniva impiegato per indicare in senso generico ogni tipo di abito. Solamente in una fase successiva il suo significato si è evoluto, arrivando ad indicare la lunga tunica di cui sopra, indossata da persone di ogni età e sesso, sebbene a tal riguardo sia interessante richiamare all’attenzione la figura del furisode, ossia un particolare tipo di kimono indossato dalle donne nubili avente lo scopo di palesare, nell’ambito del Seijin shiki (la cerimonia che segna il passaggio alla vita adulta), la disponibilità della donna a contrarre matrimonio.

Eccettuando le primissime fasi, influenzate prevalentemente dalle tradizioni del popolo cinese degli Han nel IV secolo, la storia del kimono è un po’ quella delle numerose dinastie giapponesi. Dall’VIII secolo in poi, infatti, il costume divenne popolare anche in Giappone con alterne fortune:

Tra l’VIII ed il XII secolo si compì l’evoluzione maggiore del kimono, che divenne enormemente simile a quello attuale, seppur ricoperto dal mo, una sorta di ampio grembiule;
I secoli tra il XIV ed il XVI, invece, portarono alla ribalta il kosode, ancora considerato un capo di abbigliamento intimo più che di vestiario vero e proprio, ma comunque degno di menzione, in virtù dell’utilizzo di una cintura, poi non più abbandonato;
In ultima analisi, praticamente analoga rispetto a quella odierna è la conformazione che la veste tradizionale giapponese assunse durante il periodo Tokugawa, o periodo Edo, compreso tra il XVII ed il XIX secolo. In questo arco temporale, infatti, si assiste ad un allargamento delle maniche e all’inserimento di una varietà di nodi sempre più elaborati.
Come è fatto il kimono
Molto somigliante ad alcuni indumenti in voga in Cina nel corso della dinastia Tang, è una veste lunga fino alle caviglie, con grandi colletti e maniche lunghe e molto ampie: possono infatti raggiungere il mezzo metro se non addirittura arrivare a sfiorare terra (questo tipo di manica si chiama fuorisode) nel caso dei modelli indossati tradizionalmente dalle ragazze nubili. La veste viene invece avvolta attorno al corpo con la parte sinistra che va a coprire la parte destra, a meno che non si debba presenziare a un funerale, nel quale caso la disposizione dei lembi viene invertita.

Una grande cintura chiamata obi serve, infine, a fissare la veste al corpo. Esattamente come succede da noi, anche in Giappone ogni occasione, dall’incontro formale alla riunione di famiglia, vuole il suo kimono; ne esistono infatti di diversi tipi, anche se sostanzialmente la forma rimane invariata, soprattutto nel caso di quelli da uomo che sono caratterizzati anche da una gamma di colori molto sobri e poco appariscenti. Nei modelli da donna invece il grado di eleganza e di formalità viene definito dalla lunghezza delle maniche, dal tipo di stoffa utilizzata, dalle cromie degli accessori e dalla presenza o meno dei kamon, gli stemmi familiari.

Mentre i modelli maschili vengono creati in varie taglie, quelli da donna per tradizione sono sempre taglia unica, leggermente più lunghi dei modelli maschili per essere adattati al corpo con rimbocchi e piegature che permettono di adattare ampiezza e lunghezza; un kimono che secondo la tradizione deve arrivare alle caviglie nel caso dell’uomo ci arriva senza piegature, nel caso della donna può essere ripiegato sotto l’obi in una piegatura chiamata ohashori.

I modelli tradizionali sono ancora oggi realizzati come centinaia di anni fa, ossia ricavandoli da un tan, un unico rotolo di tessuto largo 35 cm e lungo 11,5 m. È questo il motivo per cui realizzarlo di taglie grandi risultava complicato e dispendioso, ad esempio per persone molto alte oppure quelle corpulente come potevano essere i lottatori di sumo, che infatti avevano bisogno di modelli realizzati ad hoc per le loro forme abbondanti.

Un kimono ‘finito’ quindi è un insieme di 4 larghe fette di tessuto, delle quali due vanno a coprire il corpo e due vengono utilizzate per le maniche, più due strisce un po’ più piccole che diventeranno il colletto e i risvolti frontali dell’abito. Questo particolare tipo di assemblaggio dei tessuti permetteva, soprattutto in passato, di scucirlo per lavare una a una le varie parti, cosa che ormai grazie alla modernizzazione sia dei tessuti che dei metodi di pulitura non è più necessaria. Mentre ancora oggi, come in passato, si usa imbastire gli orli di un kimono che non deve essere indossato per un lungo periodo per evitare antiestetiche piegature e per mantenere le diverse parti dell’abito correttamente allineate.

Spesso paragonabili a vere opere d’arte, questi abiti tradizionali sono ancora realizzati a mano con tessuti preziosi, anch’essi decorati a mano con motivi unici o con texture ripetute. Sono diversi, i modi di decorazione; uno dei più diffusi è senza dubbio lo yuzen, una tintura a base di pasta di riso che viene ‘ripetuta’ a intervalli regolari utilizzando la tecnica dello stencil o con una fustella. Ovviamente, con il passare del tempo, se la tecnica è rimasta pressoché identica, si sono invece evoluti i colori, gli stili, i tessuti e gli accessori, ad esempio l’obi. La tradizione vuole infatti che kimono e obi siano realizzati in seta, satinato o broccato, mentre i kimono dei nostri giorni sono realizzati anche con tessuti più economici e resistenti, ad esempio in cotone, poliestere o rayon. Nonostante questo però la seta è comunque considerata il tessuto d’elezione, soprattutto nelle occasioni informali, dove diventa praticamente d’obbligo. E se oggi sotto a un kimono solitamente si indossa una speciale sottoveste, nei secoli passati andava a coprire più e più strati di indumenti.

Kimono da donna

Indossare questo indumento non è impresa da poco, soprattutto per le donne, i cui kimono sono molto più elaborati di quelli maschili; basti pensare che il modello femminile è composto da un minimo di 12 componenti che vanno indossate in un ordine e con regole ben precise. Non per niente sono presenti ancora oggi figure professionali con tanto di licenza il cui compito è proprio quello di aiutare le donne a indossarli, sia nei parrucchieri che a domicilio. Queste ‘assistenti’ spesso aiutano anche le donne a scegliere quello giusto per l’occasione, che sia adeguato alla formalità dell’evento a cui presenziare, allo stato civile e all’età. Ecco alcuni esempi:

Kurotomesode
Risulta essere la veste ufficiale delle donne già sposate e spesso viene indossato ai matrimoni dalla futura suocera. Di colore rigorosamente nero e decorato solo nella parte inferiore, è caratterizzato dalla presenza di cinque stemmi di famiglia che vengono impressi davanti, dietro e sulle maniche.
H mongi
La traduzione letteraria dal giapponese è ‘abito da visita’; può essere indossato indifferentemente da donne sposate e non, solitamente in occasione di eventi particolarmente formali o, ai matrimoni, dalle amiche della sposa. È decorato anche sulla parte superiore delle spalle.
Edo komon
Il suo nome deriva dall’inconfondibile stile decorativo in cui raggruppamenti di tanti puntini finiscono per creare un disegno più grande, una tecnica tipico della classe dei samurai del periodo Edo. Il suo livello di formalità può essere considerato al pari di quello di un iromuji e, in caso sia decorato anche con stemmi familiari, può equivalere a un h?mongi e volendo anche a un tsukesage.
Yukata
Sfoderato e creato con tessuti non ‘nobili’ come la canapa, il lino o il cotone, è il più informale dei modelli, indossato generalmente in estate e in eventi all’aperto. Spesso sono anche dati agli ospiti delle strutture termali.
Tsukesage
Può essere visto indosso a donne nubili o sposate; non è molto decorato e solitamente i ricami e i disegni si trovano sotto la cintura e nelle maniche.
Iromuji
Lo può indossare qualsiasi donna e solitamente è destinato alla cerimonia del tè. In tinta unita e di qualsiasi colore escluso il nero, il bianco e l’avorio, è in seta tinta decorata in quello che da noi verrebbe definito uno stile jacquard, rigorosamente dello stesso colore dell’abito.
Furisode
La traduzione letteraria del termine è ‘maniche svolazzanti’; le sue maniche, molto lunghe, possono arrivare fino a un metro e oltre di lunghezza, e proprio in base a questa lunghezza, cambia anche il nome: kofurisode, con maniche di 75 cm, il chuburisode con maniche di 90 cm) e fino a 114 cm di manica per il l’burisode. Sono i kimono per le occasioni formali dedicate alle ragazze nubili, preziosi e riccamente decorati. Solitamente l’età limite per indossare un furisode è 25 anni, anche se ultimamente l’età in cui una donna va in sposa si sta spostando sempre più avanti. Questo modello viene anche indossato nelle celebrazioni di compimento della maggiore età e, in caso di matrimonio, dalle parenti nubili.
Irotomesode
Leggermente meno impegnativo del kurotomesode ma accomunato dal fatto di essere anch’esso di colore scuro (tranne il nero) e decorato solo nella ‘gonna’, viene indossato ai matrimoni dalle parenti più strette e può avere impressi tre o cinque stemmi familiari.
Komon
E’ caratterizzato da una decorazione che si ripete, come una texture, su tutto l’abito. È usato per le occasioni meno formali, ad esempio una passeggiata per strada o un invito a cena; in quest’ultimo caso andrebbe impreziosito da un obi elegante.

Complesso e prezioso, ogni modello è composto da diversi elementi. Ecco quelli del modello femminile:
Sode: la manica.
Sodeguchi: l’apertura della manica.
Sodetsuke: il foro del braccio.
Susomawashi: il fodero interno.
Doura: la fodera esteriore.
Eri: il colletto.
Fuki: l’orlo, spesso ricamato.
Furi: quella abbondante parte di manica che scende da sotto il braccio.
Maemigoro: la parte anteriore.
Miyatsukuchi: l’apertura che si trova sotto la manica.
Okumi: l’interno della parte anteriore.
Tamoto: il drappeggio della manica.
Tomoeri: la parte superiore del colletto.
Uraeri: la parte interna del colletto.
Ushiromigoro: la parte posteriore.

Kimono da uomo

Infinitamente meno complicati di quelli da donna, quelli maschili sono composti da un massimo di 5 componenti, escluse le calzature. Al giorno d’oggi, si differenziano sostanzialmente per la stoffa utilizzata e per il modello, anche se la tradizione vuole che siano di colori scuri come il nero, il blu, il verde e qualche volta anche il marrone. I tessuti solitamente non sono brillanti e la decorazione non è vistosa. Nelle versioni meno formali troviamo colori un po’ più accesi, ad esempio il blu, il verde e il viola e la possibile presenza di massimo tre stemmi, mentre quello dedicato alle grandi occasioni, è rigorosamente nero e con cinque stemmi sulle spalle, sulla schiena e sul petto. Questa sobrietà di base viene confermata anche negli accessori e nella biancheria, che sono generalmente di colore bianco.

Accessori
Kanzashi
Sono graziosi accessori per capelli, ad esempio forcine in pietra preziosa come la giada, pettinini intarsiati nel legno e coloratissimi fiori di seta.
Waraji
Sono calzature di corda utilizzate solitamente dagli appartenenti alla classe religiosa.
Z ri
Sono sandali unisex, assolutamente lisci o fittamente decorati, disponibili in diversi materiali tra cui la fibra, la pelle o in semplice tessuto.
Hakama
Assomiglia a quella una gonna-pantalone. Solitamente la usano gli uomini, anche se ultimamente l’uso si è esteso anche alle donne, e spesso viene utilizzata come componente delle uniformi delle arti marziali. L’hakama solitamente si presenta a pieghe ed è dotata di un himo, ossia lunghi drappi di tessuto che vanno ad avvolgersi attorno all’obi. In alcuni casi può presentare anche un’imbottitura o una parte rigida in corrispondenza della ‘seduta’. Non è un accessorio che viene solitamente utilizzato dalle donne nelle occasioni formali, mentre può diventare parte integrante di un kimono formale maschile.
Obi
Da noi verrebbe chiamata fusciacca, o semplicemente cintura. Viene indossata sia con il kimono che con la yukata, con diversi modi di portarlo e di fissarlo. Gli obi femminili solitamente sono più decorati.
Datejime
E’ una sciarpa quasi rigida da mettere sotto l’obi per tenerlo in posizione.
Geta
Sono sandali unisex che vengono indossati con lo yukata. Una versione di geta simile ma non uguale viene indossata dalle geishe.
Tabi
Sono calzini appositamente creati per poter essere indossati con i sandali e le infradito. In quest’ultimo caso, l’alluce è separato dalle altre dita.
Haori
Nato tra il quindicesimo e il diciassettesimo secolo, è una specie di soprabito che arriva fino a metà gamba, e che fino ai primi anni del novecento, fine dell’epoca Meiji, faceva parte dell’abbigliamento maschile. Successivamente è entrato a far parte anche della moda femminile, in una versione leggermente più lunga.
Hiyoku
Chiamatelo pure sottoveste, o sottokimono; oramai si indossa solamente ai matrimoni o ai grandi eventi.
Haori-himo
Risulta essere una corda decorata con piccole nappe che serve a stringere l’haori. Solitamente nelle occasioni formali il colore d’elezione è il bianco.
J nihitoe
Anticamente veniva indossato dalle dame di corte, oggi è una specie di cimelio della tradizione che viene sfoderato solo nelle occasioni davvero speciali quali un’incoronazione o un matrimonio imperiale. Visionabile nei musei, è un complicato abito composto da 12 strati.

Molto interessante.

14. Ottobre 2021 · Commenti disabilitati su Come Scegliere un Mantello · Categorie:Abbigliamento

l mantello è un indumento privo di maniche e possiede varie lunghezze; si allaccia intorno al collo, ricopre le spalle per proteggersi dal freddo, dalla pioggia, dal vento, e può essere dotato anche di cappuccio. Il suo nome deriva dal termine latino mantellum che significa velo.

Tabarro
Si tratta di un particolare tipo di mantello, che ha origini remote che ci riconducono fino alla toga di patrizi e senatori. Esso si è poi evoluto, entrando nel mondo medievale: i cavalieri lo indossavano per le investiture, così come i medici e i notabili, nella vita di tutti i giorni. Nel periodo rinascimentale rimane una peculiarità del mondo artigiano e contadino, ed appaiono spesso mantelli in lana sottoposta a follatura; spariscono invece questi capi nel mondo aristocratico e borghese.
Spostandoci al XIX secolo, sono in prevalenza i dandy ad indossarlo; nell’Italia fascista questi indumenti sono addirittura considerati come simboli di anarchia e vengono, per questo, proibiti e limitati. Ma essi sopravvivono fino agli anni ’50, ricomparendo soprattutto negli ambienti di montagna: si pensi a Giovannino Guareschi e alle sue opere, o ai film d’epoca di quel periodo.
Questa la storia del tabarro, che ha percorso molti secoli ed è arrivato fino a noi. Vediamone ora i principali elementi. Si tratta di un mantello a ruota da uomo, realizzato in panno scuro o nero. L’indumento è piuttosto pesante e grosso, possiede un unico punto di allacciatura sotto il mento, e viene di solito indossato spostando un’estremità sopra la spalla opposta ad essa, per chiudere maggiormente il mantello. Sono distinguibili due principali modelli: quello più classico, che arriva fino al polpaccio, e quello più corto utilizzato prima per andare a cavallo, e poi in bicicletta.

Kalasiris
Il nome di questo mantello, “kalasiris”, risale ad Erodoto ed una tipologia simile di abito viene ritrovata anche presso gli Assiri e i Babilonesi. Tuttavia il luogo di maggiore diffusione era l’Egitto, e il tempo di riferimento si aggira tra il 1580 a.C. e il 1090 a.C. Era un mantello simile ad una camicia, portato sia da donne che da uomini; appariva come una gonna fissata tramite una cinghia alla spalla , con o senza maniche, che potevano essere di vario genere. I movimenti con la kalasiris potevano agevolmente essere compiuti, nonostante fosse abbastanza stretta, tanto da sembrare essere realizzata con materiali elastici.

Burnus
Se pensiamo al burnus, non possiamo che proiettarci in Africa del Nord, e pensare ai tipici mantelli bianchi con cappucci di lana, portati dagli uomini. Analizziamo il nome che designa questo indumento. “Burnus” deriva dal latino “byrrus” (o “birrus”) che richiama propriamente ad un ampio mantello da portare sopra gli abiti. In Algeria e nelle regioni più orientali si utilizza appunto il termine “abernus” e “bernus”. Esistono però altri nomi che indicano lo stesso indumento, come “aselham”, “azennar”, “akhnif”, “akhidus”, diffusi soprattutto in Marocco. I dialetti arabi del Nordafrica chiamano questo mantello “aslham”. La caratteristica di questo indumento è quella di possedere una corta cucitura nella parte alta del davanti, e di non avere quindi necessità di essere fissato con spille o fibbie aggiuntive. Il cappuccio (“agelmum”, “agelmus”) spesso termina con un pompon (“ashur”, “tawtat”, “tawshkint”) e può essere in alcuni modelli molto grande ed ampio.

Frock coat
Per la prima volta questo tipo di mantello apparse nel 1816 circa, in ambito militare. Aveva un colletto militare prussiano, vicino al collo del mantello. Nei primi decenni del 1800 era utilizzato come abito informale, fino ad avere sempre più popolarità dopo il 1830. E’ un indumento da uomo, che presenta un foro centrale nella parte posteriore, scende fino alle ginocchia ed è dotato di ampie maniche. Presenta inoltre due risvolti (doppiopetto), con un restringimento in vita. Il nome “frock coat” è inglese, e significa in italiano tonaca cappotto.

28. Settembre 2021 · Commenti disabilitati su Biancheria Intima Femminile – Come Scegliere la Migliore · Categorie:Abbigliamento

La biancheria intima è costituita da una serie di indumenti posti a contatto diretto con le zone delicate del nostro corpo. Per le donne sono numerose le varianti disponibili, in base a gusti estetici ed esigenze funzionali. Leggi la guida per conoscerne caratteristiche, tipologie, e come scegliere i capi di biancheria intima femminile in base a criteri di qualità, prezzo e corretta informazione per il consumatore.

Mutandine
Per il suo utilizzo indispensabile è un capo che da sempre ha accompagnato la donna. Dato il suo stretto contatto con le parti intime, risulta essenziale che esso sia costituito da un buon tessuto. I più diffusi sono il cotone, la lycra, il pizzo, la seta, il tulle, il nylon. Le mutandine da donna possono essere di diverse forme e, a seconda di queste, prendono diverse denominazioni. Il modello classico, simile a quello dell’uomo, è lo slip che non presenta particolari sgambature e copre anche la parte posteriore. E’ il modello più diffuso, indossato da donne di qualsiasi età e stile. Più succinto risulta il tanga, che spesso è composto, nelle parti laterali, unicamente da una sottile striscia di stoffa e che propone una sgambatura più decisa. Un ulteriore modello, molto diffuso tra le giovani, è il perizoma. Esso possiede la peculiarità di essere formato, nella parte posteriore, unicamente da un sottile lembo di stoffa che, occupando l’incavo tra le natiche, lascia quest’ultime completamente scoperte. Esso risulta molto utile quando si indossano abiti aderenti o dal tessuto poco consistente, in quanto non è visibile e lascia scivolare meglio la stoffa. A metà tra lo slip e il perizoma va collocata la brasiliana, una tipologia di mutandina costituita, nella parte posteriore, da un triangolo di stoffa. Più coprenti risultano le culotte, capi d’intimo femminile che richiamano gli antichi capi d’abbigliamento francesi che coprivano le due gambe separatamente (si pensi ai sanculotti). Esse sono caratterizzate dal fatto di essere coprenti anche nella parte del sedere e dei fianchi e sono state rivalutate, nell’ultimo periodo, grazie a nuovi modelli sexy e cofortevoli, lanciati dalle diverse marche di intimo. Oggi, infatti, anche le più giovani apprezzano le culotte. Oltre a queste principali tipologie, segnaliamo anche la presenza di mutandine igieniche, dotate di un rinforzo in tessuto non permeabile per garantire maggiore protezione e di mutande contenitive, solitamente piuttosto alte in vita e prodotte in tessuto elastico, per avvolgere e sostenere.

Reggiseno
Come noto, questo capo serve a sostenere e ad avvolgere il seno della donna. Gli antenati più antichi appartengono all’epoca dei Romani, quando veniva utilizzata una striscia di cuoio per comprimere il seno (il mamillare) oppure lo strophium per sostenere senza comprimere. I primi reggiseni, intesi con l’accezione odierna, iniziarono a circolare intorno agli inizi del 1900: era infatti il 1912 quando l’industriale Lindauer diede l’avvio alla produzione di questo capo. Stava iniziando a scomparire il materiale pesante e costrittivo e si iniziava a produrre capi in tessuto semi-trasparente, leggero, comodo. Oggi il reggiseno non è solamente indossato per utilità e comodità, ma è diventato un vero e proprio indumento di moda. Spesso infatti esso è visibile dalle maglie o dagli abiti e per questo viene scelto dalla donna con cura ed attenzione. Esistono diverse misure di reggiseno (che dipendono dalla circonferenza toracica e da quella vera e propria dei seni) e sono in circolazione differenti modelli di reggiseno. Generalmente costituiti da coppe, essi possono essere a triangolo (più coprenti e comodi, adatti anche per lo sport), a balconcino (più succinti e scartati, adatti per valorizzare le forme), senza spalline, con particolare allacciatura davanti, push-up (per sostenere e valorizzare il seno), con o senza imbottitura, lisci o con pizzo, senza ferretto per le più sportive.

Busto o corsetto
Si tratta di un elemento costitutivo della lingerie di una donna, ma non essenziale e non utilizzato da tutti. Precisando che con il medesimo nome si indica anche uno strumento impiegato per risolvere problemi di natura ortopedica (schiena, postura), precisiamo che in questa sede descriveremo invece il busto o corsetto inteso come indumento di biancheria, indossato dalla donna per scelte estetiche o personali. Questo capo è composto da tessuto rinforzato da stecche e serve solitamente a coprire tutto il torace, stringendo il punto vita e sollevando il seno e valorizzando, di conseguenza, le forme della donna che lo indossa. Il busto nasce diversi secoli fa e già nel XVI secolo era piuttosto diffuso, originariamente nella moda spagnola, ma poi anche in altri luoghi. La sua funzione prevalente era quella costrittiva, come è possibile desumere dai materiali rigidi che venivano impiegati (veniva utilizzato persino il metallo). Fino alla Rivoluzione Francese le donne furono costrette a subire questo indumento gravoso per il corpo e per la libertà di movimento, per poi vivere un trentennio di diminuzione del busto. Ma già a metà dell’800 questo capo riprese piede, sempre più stretto in vita e più ingombrante. E’ il 900 il secolo durante il quale i tessuti si alleggeriscono, le stecche sono meno rigide e la donna si riappropria lentamente delle proprie potenzialità e delle possibilità di movimento. Oggi il busto o corsetto non viene diffusamente indossato come capo di intimo, ma è comunque conosciuto come capo di seduzione o di moda dalle più giovani e non solo.

Guepiere
Con questo termine si indica un particolare tipo di bustino che presenta in più degli elementi peculiari. Innanzitutto è dotato di reggicalze, elemento che ha aumentato le sensualità del capo. Inoltre presenta dei gancetti sul retro, che servono per assottigliare la vita. Anch’esso è fornito di stecche e i tessuti che lo compongono variano tra i più rigidi e i più elastici. La guepiere fu inventata da Rochas nel 1945 ed oggi è impiegata solo in situazioni in cui una donna desidera sedurre un uomo o sentirsi particolarmente sexy.

Guaina
La guaina può considerarsi la diretta erede dell’antico corsetto. La sua funzione infatti è analogamente contenitiva, soprattutto per le parti “critiche” della donna, come i fianchi, la pancia e il sedere. Il tessuto della guaina è solitamente elastico e leggero e le stecche più flessibili e portabili. L’indumento nasce nel secolo scorso e inizialmente veniva indossato solamente per la sua funzione costrittiva, e non per finalità estetiche. Il capo, in origine, non era dunque minimamente legato alla sensualità e alla seduzione. Con il passare del tempo però, si è cercato di unire i due aspetti e sono nati dei particolari modelli di guaina, come quello “a perizoma”. Vanno inoltre ricordate le guaine con cavallo aperto, le guaine a mutandina, le guaine stringivita. Si ricordi infine di fare particolare attenzione quando si indossano queste tipologie di indumenti. Infilarle in maniera corretta non è molto semplice e richiede degli specifici accorgimenti, primo tra tutti la calma e la lentezza dei movimenti.

Babydoll
Il babydoll è un succinta camiciola da notte generalmente con bretelline che viene impiegata, durante la donna, al posto del pigiama. Esso è composto dai più svariati tessuti (seta, tessuti sintetici o traspparenti) e può essere di qualsiasi colore. L’indumento lascia scoperta una grande porzione del corpo femminile ed è per tanto considerato un abito da seduzione. Il babydoll si diffonde intorno alla metà del 900, anche grazie al film “Baby doll”, durante il quale l’attrice protagonista indossava uno dei primi modelli di questo capo. Oggi è piuttosto diffuso, sia nel suo modello di base, che arricchito da pizzi, frange, pajette, laccetti e costituisce una valida alternativa al meno sexy, anche se forse più pratico, pigiama.

14. Settembre 2021 · Commenti disabilitati su Occhiali da Sole per Donna – Come Scegliere i Migliori · Categorie:Accessori

Gli occhiali da sole da donna sono un accessorio che aiuta a definire il nostro look, ma la loro utilità va oltre, proteggendo gli occhi dai raggi ultravioletti. Quindi la scelta non deve essere dettata solo da fattori estetici, ma soprattutto dalla qualità delle lenti. Leggi la guida per conoscerne caratteristiche, tipologie, e come scegliere il modello di occhiali da sole per donna in base a criteri di qualità, prezzo e corretta informazione per il consumatore.

Lenti

Dal 1995, gli occhiali da sole devono riportare nell’etichetta il loro potere filtrante, compreso in una scala che va da zero a quattro
0, potere filtrante quasi nullo
1, protezione dall’abbagliamento
Tra 2 e 3, lenti consigliate per media e forte luminosità
4, riservate alle condizioni estreme di luminosità Il filtro numero 4 è consigliato soprattutto in condizioni in cui la luce solare viene riflessa in maniera abnorme, come per esempio nei ghiacciai e nelle spiagge bianche.

Proteggersi dai raggi solari è una necessità che scongiura rischi di problemi agli occhi, dalle congiuntiviti a disturbi più gravi come la cataratta. La protezione deve essere totale, non solo dunque ai raggi UV-A ma anche agli UV-B. Essi sono i cosiddetti “raggi invisibili”, che trasportano delle quantità di energia sufficienti a causare disturbi.
Le lenti migliori secondo le indicazioni della Comunità Europea, dovrebbero assorbire il 100% dei raggi visibili (la luce solare) e almeno il 96% dei raggi ultravioletti.

Una lente troppo scura non sempre garantisce una protezione migliore di una lente chiara, e se non conforme agli standard può addirittura causare più danni di quest’ultima. Anche le lenti graduate, più scure sopra e più chiare nella parte inferiore, sono sconsigliate, in quanto anche la luce riflessa (pensiamo alle situazioni in cui ci troviamo sulla neve, o in riva al mare) è pericolosa per i nostri occhi, che vanno protetti in tutte le angolazioni.
Vi sono tuttavia alcune situazioni in cui è consigliabile non utilizzare occhiali da sole con un potere filtrante troppo alto, alla guida dell’auto per esempio è meglio utilizzare delle lenti non troppo scure, per avere una visione non troppo distorta della luce naturale.

Lenti polarizzate

Servono ad ovviare il fenomeno conosciuto come polarizzazione. A luce solare, riflessa su una superficie, comincia infatti a viaggiare in maniera bidimensionale (rispetto a quella tridimensionale solita) provocando così dei fastidi come per esempio il riverbero che causa una visione distorta dei colori e affaticamento degli occhi. Le lenti polarizzate sono costruite secondo una tecnica che consente loro di lasciare passare solo i raggi verticali, proteggendo la vista da quelli orizzontali dannosi. Grazie a questo particolare tipo di lenti si ha infatti
-migliore percezione dei contrasti e visione nitida anche in lontananza
-colori naturali e saturi
-minore affaticamento della vista
-100% protezione UV

Scegliere bene: Una lente polarizzante in CR39 è otticamente perfetta perché le sue superfici sono parallele ed il raggio ottico non subisce alcuna distorsione. Per quanto riguarda la loro colorazione, più scure sono le lenti, maggiore sarà il loro potere polarizzante e dunque maggiore sarà la protezione. I colori più indicati per un coefficiente di polarizzazione vicino al 100% sono il grigio scuro, marrone scuro e verde.
Possono subire sia trattamenti antiriflesso che antigraffio, questi ultimi non sono necessari nella parte anteriore della lente perché il CR39 di cui sono costituite è un materiale molto resistente. Gli sportivi che praticano sport estremi, o in condizioni ambientali caratterizzate da una luce forte e intensa (vela, sci, snowboard) sono i maggiori utilizzatori di occhiali con lenti polarizzate.

Estetica

Ora che abbiamo parlato dell’elemento più importante degli occhiali da sole, costituito dalla sua lente, che deve essere scelta con oculatezza affinché ci protegga integralmente dai raggi dannosi, è arrivato il momento di passare al fattore estetico. Le donne sono vanitose, e tra centinaia di modelli di occhiali da sole sceglieranno quello che più si adatta alla forma del loro viso e al colore dei capelli.

In linea generale si può affermare che per il viso ovale, caratterizzato da zigomi alti e da un mento piuttosto piccolo, è adatto ogni tipo di montatura; per il viso quadrato con fronte e mento larghi uguali, la montatura ideale è piuttosto rotonda e non troppo larga ; per un viso lungo e quadrato optate per una montatura grande che copra la parte centrale del viso; viso rotondo: è largo quanto lungo e i lineamenti sono morbidi, poco spigolosi.

La montatura ideale è piuttosto quadrata o lineare, e scura di colore, per far sembrare il viso più snello e sottile; a forma di diamante: una fronte stretta con zigomi piuttosto larghi e mento piccolo la più adatta è una montatura dritta di sopra con lenti che si arrotondano verso il basso; a forma di cuore: gli zigomi e la fronte sono larghi mentre mento e bocca piccoli, vanno bene gli occhiali dall’aspetto leggero – senza montatura o dal colore chiaro.

Anche il naso e il colore dei capelli svolgono un ruolo fondamentale nella scelta degli occhiali da sole: un naso grande richiede degli occhiali da sole di dimensioni notevoli, un naso piccolo invece richiede degli occhiali con la montatura “alta, preferibilmente in tonalità chiare per fare sembrare il naso più lungo.

Per quanto riguarda i capelli invece, le tonalità calde come il biondo dorato o il rosso rame stanno meglio con montatura dalle tonalità oro, rame, marrone, mentre per i tipi freddi ( nero, prugna, biondo platino) vanno meglio tonalità come il nero, grigio, il blu e il rosa.

Se d’inverno con le giornate uggiose e la nebbia, gli occhiali da sole sono utilizzati quasi esclusivamente dalle fashion victims, in estate diventano l’accessorio principe, indispensabile a qualunque donna. Proteggono dal sole, si adattano ad ogni look, consentono di mostrare all’esterno almeno parte della nostra personalità.

Risulta essere vero gli occhiali da sole vanno scelti soprattutto in base alla forma del viso. Ma come non seguire i dettami della moda di stagione?

In fondo, ciò che le donne cercano, è soprattutto un modo per accrescere la loro personalità e trovare un look degno delle più famose star internazionali. Quest’estate l’imperativo è lenti oversize e montature tonde in materiali moderni come il pvc, che vi faranno sentire come le divine attrici degli anni Cinquanta. Scuri, danno subito un’aria misteriosa e sensuale, ma il vero must di stagione saranno lenti fumè su maxi montature bianche.

Così hanno scelto le stelle di Hollywood, e così sia per tutti noi comuni mortali se intendiamo seguire la moda che arriva dal patinato mondo U.S. L’unico consiglio per utilizzare il modello white riguarda la pelle: solo super abbronzata o bianco – lunare, le vie di mezzo non sono contemplate.

Per le donne che amano i modelli maschili, il modello più in sarà quello aviator, che ormai da molti anni non accenna a scendere nella classifica di gradimento. Se avete bisogno di un tocco alternativo invece, scegliete le proposte di Casa Vuitton: montature in acetato molto fini, impreziosite con turchesi e pietre dure, decisamente chic.

Come Scegliere

La scelta di un paio di occhiali da sole è una scelta non sempre semplice, dal momento che il mercato ci propone un enorme quantità di modelli e colori. Quale sarà allora la montatura più adatta al nostro viso? La scelta degli occhiali da sole deve necessariamente seguire alcuni criteri fondamentali.

Come prima cosa, una montatura va scelta sempre in base alla forma del viso. Per cui se avete un viso quadrato, occorre indirizzarsi verso montature che ammorbidiscono i lineamenti, quindi tonde o ovali. Per i visi rotondi, invece, sono da evitare montature tonde a favore di quelle quadrate, con angoli più spessi.

Se il vostro viso è ovale, quello che fa per voi è una montatura di tipo rettangolare e molto spessa, anche se questa particolare forma di viso è quella più adattabile a tutte le tipologie di montature.

Tuttavia è sempre buona norma evitare le montature sottili, le quali allungherebbero ancora di più i lineamenti. Per i visi triangolari, con fronte larga e mento appuntito, è necessario indossare occhiali ovali dai bordi arrotondati, in modo da rimpicciolire la fronte.

Per la scelta del colore, è bene basarsi sul colore della pelle. Per cui chi ha una pelle chiara può indossare occhiali da sole di colore blu, bianco, nero, prugna, magenta, rosa e malva. Se però si preferiscono occhiali in metallo, allora l’ideale è scegliere metalli smaltati, come l’argento, sia in versione satinata che brillante. Per le versioni maculate, le migliori sono quelle scure e color ambra. Se poi avete i capelli rossi un bel colore verde è quello che fa per voi.

Se la vostra pelle è ambrata, il miglior colore per la montatura dei vostri occhiali da sole è sicuramente il giallo, il verde militare, il blu, il rosso, l’arancione e l’avorio, ma anche il marrone. Per gli occhiali in metallo, l’ideale è il color oro, rame e bronzo. Se, poi, la vostra pelle è molto scura potete anche osare con colori più forti.