l mantello è un indumento privo di maniche e possiede varie lunghezze; si allaccia intorno al collo, ricopre le spalle per proteggersi dal freddo, dalla pioggia, dal vento, e può essere dotato anche di cappuccio. Il suo nome deriva dal termine latino mantellum che significa velo.
Tabarro
Si tratta di un particolare tipo di mantello, che ha origini remote che ci riconducono fino alla toga di patrizi e senatori. Esso si è poi evoluto, entrando nel mondo medievale: i cavalieri lo indossavano per le investiture, così come i medici e i notabili, nella vita di tutti i giorni. Nel periodo rinascimentale rimane una peculiarità del mondo artigiano e contadino, ed appaiono spesso mantelli in lana sottoposta a follatura; spariscono invece questi capi nel mondo aristocratico e borghese.
Spostandoci al XIX secolo, sono in prevalenza i dandy ad indossarlo; nell’Italia fascista questi indumenti sono addirittura considerati come simboli di anarchia e vengono, per questo, proibiti e limitati. Ma essi sopravvivono fino agli anni ’50, ricomparendo soprattutto negli ambienti di montagna: si pensi a Giovannino Guareschi e alle sue opere, o ai film d’epoca di quel periodo.
Questa la storia del tabarro, che ha percorso molti secoli ed è arrivato fino a noi. Vediamone ora i principali elementi. Si tratta di un mantello a ruota da uomo, realizzato in panno scuro o nero. L’indumento è piuttosto pesante e grosso, possiede un unico punto di allacciatura sotto il mento, e viene di solito indossato spostando un’estremità sopra la spalla opposta ad essa, per chiudere maggiormente il mantello. Sono distinguibili due principali modelli: quello più classico, che arriva fino al polpaccio, e quello più corto utilizzato prima per andare a cavallo, e poi in bicicletta.
Kalasiris
Il nome di questo mantello, “kalasiris”, risale ad Erodoto ed una tipologia simile di abito viene ritrovata anche presso gli Assiri e i Babilonesi. Tuttavia il luogo di maggiore diffusione era l’Egitto, e il tempo di riferimento si aggira tra il 1580 a.C. e il 1090 a.C. Era un mantello simile ad una camicia, portato sia da donne che da uomini; appariva come una gonna fissata tramite una cinghia alla spalla , con o senza maniche, che potevano essere di vario genere. I movimenti con la kalasiris potevano agevolmente essere compiuti, nonostante fosse abbastanza stretta, tanto da sembrare essere realizzata con materiali elastici.
Burnus
Se pensiamo al burnus, non possiamo che proiettarci in Africa del Nord, e pensare ai tipici mantelli bianchi con cappucci di lana, portati dagli uomini. Analizziamo il nome che designa questo indumento. “Burnus” deriva dal latino “byrrus” (o “birrus”) che richiama propriamente ad un ampio mantello da portare sopra gli abiti. In Algeria e nelle regioni più orientali si utilizza appunto il termine “abernus” e “bernus”. Esistono però altri nomi che indicano lo stesso indumento, come “aselham”, “azennar”, “akhnif”, “akhidus”, diffusi soprattutto in Marocco. I dialetti arabi del Nordafrica chiamano questo mantello “aslham”. La caratteristica di questo indumento è quella di possedere una corta cucitura nella parte alta del davanti, e di non avere quindi necessità di essere fissato con spille o fibbie aggiuntive. Il cappuccio (“agelmum”, “agelmus”) spesso termina con un pompon (“ashur”, “tawtat”, “tawshkint”) e può essere in alcuni modelli molto grande ed ampio.
Frock coat
Per la prima volta questo tipo di mantello apparse nel 1816 circa, in ambito militare. Aveva un colletto militare prussiano, vicino al collo del mantello. Nei primi decenni del 1800 era utilizzato come abito informale, fino ad avere sempre più popolarità dopo il 1830. E’ un indumento da uomo, che presenta un foro centrale nella parte posteriore, scende fino alle ginocchia ed è dotato di ampie maniche. Presenta inoltre due risvolti (doppiopetto), con un restringimento in vita. Il nome “frock coat” è inglese, e significa in italiano tonaca cappotto.