28. Giugno 2020 · Commenti disabilitati su Stivali Wellington – Come Sceglierli e Come Indossarli · Categorie:Scarpe

Lo stivale Wellington è il classico calzare da pioggia, noto ai più color verde militare e abbinato a una canna da pesca. Con il tempo ha conquistato stilisti e icone della moda grazie a versioni colorate e fantasiose. Il nome deriva dal primo Duca di Wellington (diventato poi Primo Ministro del Regno Unito) e inventore di questa scarpa. Già dagli inizi del 900, visto lo stilista d’eccezione, i Wellington erano considerati alla moda e raffinati.

Impiegati in guerra e in pace, all’asciutto come sotto al diluvio, nei campi e nell’industria, hanno ispirato poesie, canzoni, commedie teatrali, balli, ma soprattutto stilisti e modelle.

Storia e caratteristiche

Sono impermeabili, composti in gomma o Pvc. Si usano per tradizione quando piove e in genere il tronco arriva sotto al ginocchio anche se ne esistono modelli al polpaccio. Non vengono solo indossati per “ballare sotto alla pioggia”, ma anche nel mondo industriale, con rinforzi di metallo nella punta del piede, nelle sale operatorie o nei laboratori chimici. E dire che sono nati per combattere. L’Armata Britannica usò gli stivali Wellington per la prima volta a Waterloo nel 1815. La storia narra infatti che fu lo stesso Duca di Wellington, comandante dell’Armata, a progettarli istruendo un calzolaio di fiducia, il signor Hoby di Saint James Street a Londra. Il materiale usato in principio era pelle di vitello e arrivava al polpaccio, il Duca diede istruzioni precise sul taglio basso del tacco, di 1 pollice (2,5 cm circa). Battaglia dopo battaglia, Wellington notò che i soldati si ferivano soprattutto al ginocchio e allora fece alzare la calzatura.

Vista la fama del Duca come eroe di guerra, molti gentiluomini inglesi ne vollero imitarne lo stile, partendo proprio dallo stivale. Piccola curiosità: Wellington è uno degli unici due Primi Ministri britannici che ha dato il suo nome a un capo d’abbigliamento, l’altro è Anthony Eden (suo il distintivo Homburg). Grazie all’invenzione da parte di Charles Goodyear della gomma vulcanizzata, Hiram Hutchinson, nel 1853 fondò un’azienda di scarpe a L’Aigle in Francia (poi diventata il marchio “Eagle”). Lì vennero creati i primi Wellington di gomma, arrivati fino ai giorni nostri. Si diffusero subito tra gli agricoltori di tutto il mondo che ancora lavoravano i campi con gli zoccoli. Durante la Prima Guerra Mondiale furono usati nei campi di battaglia sempre dall’esercito britannico.

In quel caso il produttore faceva di cognome Hunter e gli stivali ne presero il nome (detti anche Wellington Hunter). Si narra che durante la Grande Guerra ne furono prodotti 1.185.036 paia per soddisfare le esigenze dell’esercito anglosassone. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione di Hunter fu notevole, soprattutto per le truppe destinate ai Paesi Bassi dove le trincee erano spesso allagate. Finita la guerra, i Wellington si diffusero tantissimo come stivali antipioggia adatti a uomini, donne e bambini. La suola si allargò e comparve la caratteristica punta tonda e spaziosa. Anche nelle industrie i Wellington fecero la loro comparsa ai piedi degli operai, spesso con la punta rinforzata di acciaio o, più avanti nel tempo, con poliuretano termoplastico, anche in seguito alle normative dell’antifortunistica. Il classico Wellington in gomma verde fu invece introdotto di cacciatori nel 1955 ed è presto diventato un simbolo per gli amanti della “vita in campagna” e dello stile country.

Modelli

Il modello è sempre quello da quasi due secoli, può al limite essere di pelle, di gomma, lucida o opaca, colorato e decorato in svariati modi, ma è sempre lui. Interessante però sapere che i Wellington non vengono chiamati come la capitale della Nuova Zelanda in tutto il mondo. In Australia sono i “gummies” o Blucher (nome del soldato neozelandese che combatté con il celebre Duca nella battaglia di Waterloo). Nella terra dei maori esiste anche una poesia di Henry Lawson dedicata a questo stivale-simbolo. In Canada e Stati Uniti vengono chiamati “Billy” e sono indossati, in versioni colortissime, dai giovani dei college in primavera, soprattutto negli stati del Nord America. Molto diffusa in Usa la versione a metà polpaccio tra i pescatori di gamberi.

E’ da notare che il modello più popolare negli States non è quello “verdone”, ma in versione nera con suola rossa (in particolare in Alaska). I Wellington sono diffusi anche in pelle e vengono quindi chiamati “Wellington Ranch o “Wellington’s west”. La punta molto bombata e il tacco basso, e cuciture non in rilievo, li differenziano dai classici stivali da cow boy. In Irlanda per tradizione sono i “topboots”, ma anche “Wellies” o semplicemente “Waterboots”. L a Nuova Zelanda è invece la patria adottiva di questi particolari stivali, soprattutto per le molte attività rurali dell’isola. In nome cambia in “Gumboot” e la città Taihape, nella nell’Isola del Nord, si è proclamata la capitale mondiale dei Wellington. Lì sono talmente diffusi che li usano anche i chirurghi nelle sale operatorie (versione total white) e ne esistono coloratissime varietà per i bambini. E’ stata composta persino una commedia teatrale del caratterista Fred Dagg che rende omaggio ai “Gumboot” (con tanto di canzone dedicata).

Nei paesi del Nord sono diffusissimi, in Scandinavia, per esempio, la Nokia prima di darsi alla telefonia mobile era una produttrice di Wellington. Negli Stati che componevano la ex Unione Sovietica sono arrivati invece nel 1920 e sono ormai gli stivali tradizionali, foderati, per quando arrivano i primi freddi. Anche in questi Paesi sono diventati un simbolo, introdotti da Stalin nelle fabbriche, più tradi, quando Nikita Krusciov prese il potere, furono da lui indicati come esempio di “stile socialista” del vestire (chissà cosa ne avrebbe pensato il Duca) tanto che tra il 1961 e il 1964 sparirono le calzature di pelle dai negozi e praticamente si potevano indossare solo Wellington o simili.

In Sud Africa, dove venivano usati nelle miniere di diamanti, il loro battere incessante a terra ha creato un vero e proprio genere musicale: il “gumboot zydeco”. Anche perché, essendo obbligati al silenzio, i minatori comunicavano con una specie di codice Morse degli attrezzi da lavoro, colpi di stivali compresi. L’insieme di suoni divenne col tempo una vera e propria musica d’intrattenimento e lo stivale venne introdotto nelle danze popolari. Paul Simon, nel celeberrimo album Graceland del 1986, registrato in gran parte in Sud Africa, dedica una canzone ai Wellington.

Ma non è finita, in Scozia, il comico Billy Connolly ha scritto “Welley Boot song”, la sua più celebre canzone. Altri sono gli esempi di quanto questi stivali di gomma siano d’ispirazione per gli artisti. La band Gaelic Storm usa il battito dei Wellington nell’album “Wellies Yer” con la quasi omonima canzone “Wellies Kelly”. Tra il 1994 e il 1996, la BBC1 creò una serie televisiva, “William desires”, dove un paio di Wellington rossi potevano esaudire ogni desiderio del protgonista. In Danimarca gli Alphabeat ‘s pubblicarono nel 2007 un album contenente una canzone chiamata “Rubber Boots / Mackintosh” con chiari riferimenti all’uso dei preservativi (“indossate sempre gomma”). In Gran Bretagna esiste persino uno sport, il wellie wanging, che consiste nel lanciare lo stivale il più lontano possibile.

Come sceglierli e indossarli

Importante, nella scelta di tutti gli stivali e scarpe, è prestare attenzione alle cuciture o alle colle usate per incollare la tomaia alla suola. Se sono di qualità non dovreste incorrere nello spiacevole distaccamento della punta o del tacco. A seconda degli usi che ne volete fare controllate sempre la suola, che sia di materiale plastico e antiscivolo. Sarebbe infatti assurdo comprare degli stivali da pioggia con la suola liscia. Ricordatevi che il modello tradizionale non prevede imbottitura, quindi verificate di non essere allergiche alla gomma e che dovrete investire comunque un po’ di denaro in calze e calzini. Come indossarli. Nel Regno Unito sono un’istituzione, ma anche le donne del resto del mondo usano i Wellington Hunter come stivali di moda. Se volete ricalcare il look british indossateli sotto a pantaloni o jeans, trench beige e abbinate sciarpe, foulard a quadretti. Non a caso Burberry ha ricoperto con i suoi famosi quadretti anche la plastica dei Wellington (da abbinare alle celebri sciarpe).

Tuttavia i Wellington sono anche molto rock. Quindi, se non siete freddolose vanno benissimo con shorts di jeans tagliati a vivo, t-shirt e canotte da uomo magari abbinati a un giubbotto o giacchetta di pelle. Se volete esagerare, indossate anche qualche accessorio borchiato. Non vi sono solo le dame inglesi di campagna e le rocker maledette che usano i Wellington, un altro stile molto diffuso è quello da cavallerizza. Pantaloni color beige infilati dentro agli stivali, meglio se in versione di pelle, camicia bianca o dolcevita dello stesso colore con sopra una giacca sciancrata nera. E sarete delle perfette amazzoni di città.

Le gonne, se non cortissime, sono bandite dall’impiego dei Wellington. Inoltre, avendo una forma molto “country” non vanno per niente bene nelle occasioni formali e per l’ufficio. Insomma, al mattino se non dovete andare a potare le rose in giardino o a fare un giro di shopping, oppure se il vostro complesso preferito non si esibisce in città, lasciateli nella scarpiera. Sotto alla scrivania stanno male (e spesso dopo molte ore fanno anche male). Una buona notizia: sono stivali che stanno bene anche alle donne con gambe robuste, perché se sagomati danno loro una forma, inoltre, l’imboccatura è spesso regolabile da un elastico che si adatta a qualsiasi “spessore” dell’arto.

14. Giugno 2020 · Commenti disabilitati su Scarpe Ballerinbe – Come Sceglierle e Come Indossarle · Categorie:Scarpe

Se siete donne dinamiche, che non amano stare sui tacchi o che per necessità non possono portare scarpe alte, le ballerine riescono a combinare nel giusto modo femminilità e praticità. Queste calzature tra l’altro non sono mai fuori moda, anche se soprattutto ultimamente sono ritornate sulle passerelle di tutto il mondo. Leggi la nostra guida per conoscerne caratteristiche, tipologie e come scegliere il modello più adatto alle vostre esigenze.

Invenzione

Sottili e alla moda, sono disponibili in diversi colori e fantasie, sono oggi un must nella scarpiera di ogni donna, ma prima del lontano 1500 erano una calzatura maschile. Erano infatti gli uomini che indossavano questa calzatura, a metà tra sandalo e scarpa, molto confortevole ed ideale per le decorazioni fastose che tanto si addicevano agli uomini di corte.

Nel Medioevo la scarpa piatta era usata da entrambi i sessi e la sua lunghezza decretava lo status di chi le portava. La gente comune aveva l’ordine di indossare calzature la cui lunghezza non superasse i 15, 2 cm; ad un cavaliere era permesso indossare una scarpa la cui lunghezza massima fosse 45,7 cm ed un Barone avrebbe potuto ostentare il suo prestigio in scarpe di 61 cm di lunghezza. Immaginate la comodità dei movimenti di un piede piccolo in una scarpa lunghissima!

Fu la piccola Caterina De’ Medici che, nel 1533, in occasione del suo matrimonio con il Duca d’Orléans, chiese al suo calzolaio che le sue basse scarpe da sposa fossero rialzate. A partire da questo episodio la scarpa piatta venne messa da parte per i due secoli successivi, lasciando spazio a stiletti e a tacchi di ogni tipo, sia per le calzature maschili che femminili.

Le scarpe piatte tornarono in voga dopo la Rivoluzione Francese, quando il tacco, tipico dell’aristocrazia cominciò ad essere considerato volgare ed ostentativo. Per tutto il 1800 ed il periodo della Rivoluzione industriale le scarpe basse furono una scelta di praticità e comodità per entrambi i sessi. Le ballerine di questo periodo erano delicatissime, molto più simili a dei guanti per i piedi che a delle scarpe vere e proprie.

Caratteristiche

Se le ballerine portano questo nome, un motivo ci sarà. Ed anche un legame col mondo del balletto e della danza, sebbene controversi rimangano i dibattiti circa le loro origini. Sarebbe stata la ballerina di origine italiana Marie Taglioni ad indossare per prima le scarpe a punta, o meglio, la ballerina che riuscì per prima a danzare un intero balletto sulle scomode scarpe. Questo grazie al suo lungo allenarsi e alla sua tenacia. Eravamo nel primo ventennio dell’Ottocento.

Secondo altre fonti le prime scarpe a punta sarebbero state disegnate da Rose Repetto negli anni Sessanta per il figlio, il ballerino Roland Petit. La casa di produzione di scarpe per la danza venne inaugurata nel 1956 e, oggi come allora, ha la sua sede a Parigi, in Rue de la Paix e produce non solo le punte per danzatrici e ballerine di tutto il mondo, ma anche ballerine di altissima qualità ed a lavorazione artigianale, spesso prodotte in edizione limitata.

La moda delle ballerine, come calzature di tutti i giorni, esplose dopo il 1957, anno in cui Audrey Hepburn camminava nelle sue piccole ballerine, abbinandole a dei pantaloni Capri e agli occhiali da sole oversize. Realizzate per lei da Gattinoni, divennero accessorio indispensabile del suo guardaroba, sia sul set che nella vita privata.
Lo stesso dicasi per un’altra icona di quegli anni, Jacqueline Kennedy, che amò così tanto le ballerine da richiederne un paio al mese al suo designer di fiducia.

Tipologie

Tornate di moda da alcuni anni circa, le ballerine sono amate soprattutto per la loro praticità e per il fatto che possono diventare, a seconda degli abbinamenti, sia una scarpa casual, sia una calzatura molto elegante per le grande occasioni. Il modello di ballerina per antonomasia è quello con la punta leggermente arrotondata. Ovviamente questo è solo uno dei tantissimi tipi di ballerine che potrete trovare in commercio. Oltre alle forme, anche i colori diversificano moltissimo i vari modelli: da quelli classici e neutri, più eleganti, fino alle tinte più vivaci e sbarazzine.

I materiali sono tra loro diversissimi, e si spazia dalla pelle, al camoscio, o al tessuto, mentre ci sono quelle da indossare nelle occasioni più importanti che possono essere impreziosite con pailettes e cinturini, piuttosto che essere decorate con fantasie eleganti e di tendenza. Anche nel mondo delle ballerine è poi arrivato il modello in gomma totale, senz’altro pratico e impermeabile, ma senza dubbio da evitare durante l’estate, per essere sicuri che il piede non soffochi. Per la stagione calda è senza dubbio più pratico il modello di ballerine aperto sulla punta. Ecco alcuni esempi di ballerine, realizzate nei materiali più in voga.
-Di seta e/o Satin
Classiche, eleganti, preziose. Ideali sotto un abito elegante o dei pantaloni a sigaretta. Ottime per impreziosire un abbigliamento casual senza apparire eccessive.
-Di pelle
Giovanili o molto sobrie, secondo le pelli impiegate e degli accostamenti scelti, sono le scarpe ideali per l’abbigliamento di tutti i giorni.
-Di cotone, tela o gomma
Sbarazzine, colorate, dalle stampe infinite. Realizzate da designer che conoscono bene il mondo a cui vogliono destinarle. Ricordano le sneakers per la suola di gomma e per la comodità, ma risultano maggiormente abbinabili a vestitini e gonne, accentuando l’aria sbarazzina e frizzante dell’abbigliamento giovane.
-Di vernice
Perfette da abbinare con una borsa o degli accessori, sono quel tocco in più di stravaganza che rende originale l’abbigliamento.
-Di gomma
Sportive e colorate, sono perfette sotto i jeans. Ideali per le giornate di pioggia poiché resistenti all’acqua, possono essere indossate anche come soprascarpe, data la loro grande plasmabilità.

Come Scegliere

Potete trovare le ballerine in tutti i negozi di scarpe e, a seconda della categoria merceologica del negozio, troverete ballerine griffate, ballerine sportive, ballerine casual o ballerine per serate di gala. Anche alcuni brand dall’orientamento più sportivo hanno creato la loro versione della ballerina, e quindi la comoda scarpa è reperibile addirittura nei negozi di articoli sportivi. Le ballerine, ormai trend affermato, si trovano anche sulle bancarelle dei mercati e nei negozi dei cinesi. Se amate passeggiare tra i colori dei mercati, pensate più al risparmio che alla qualità del prodotto, ma amate cambiare ogni giorno ballerina e possederne di tutti i tipi e colori, questa soluzione d’acquisto è la più indicata per voi.

Per chi, invece, non ama girare per vetrine e pomeriggi di shopping, ma preferisce acquistare comodamente da casa via internet, le ballerine sono reperibili su siti di shopping online o su portali specializzati. Alcuni accorgimenti per scegliere le vostre ballerine. Fate molta attenzione a come la scarpa calza sul vostro piede al momento dell’acquisto: una ballerina già larga, che non aderisce perfettamente al piede, rischia di essere persa dopo i primi 100 metri, con scarsa possibilità di incontrare il principe azzurro che ve la riporti. Una ballerina troppo stretta crea bolle che a lungo andare possono diventare fastidiose. Questo perchè, sebbene la ballerina goda degli attributi di semplicità e comodità, bisogna trovare quella giusta per il proprio piede che può essere magro e lungo o un po’ tondeggiante e per questo sarà diverso il modo in cui la ballerina calzerà.

09. Giugno 2020 · Commenti disabilitati su Come Scegliere Pigiama per Bambini · Categorie:Abbigliamento

Di pigiami per bambini il mercato è pieno. È possibile scegliere tra diverse marche, modelli, tessuti e colori. Possiamo scegliere pigiami interi, privi di bottoni ma che si chiudono con la zip, molto utili per quei bambini che tendono a scoprirsi di notte, oppure pigiami a due pezzi o addirittura a tre pezzi. Sta a noi scegliere quello più adatto alle nostre esigenze.

Quando decidiamo di acquistare un pigiama, la prima cosa da fare è leggere l’etichetta e accertarsi che quest’ultimo sia realizzato in fibra naturale. Teniamo presente che la pelle del bambino è molto delicata, per cui il contatto giornaliero con fibre sintetiche potrebbe, a lungo andare, creare irritazioni e dermatiti. Per questo motivo è sempre buona norma acquistare un pigiama in tessuto naturale. Non preoccupiamoci della sua reperibilità, di pigiami in fibra naturale il mercato è pieno, basta solo saperlo scegliere. Certo si tratta ovviamente di fibra naturale lavorata, ma la sua struttura non cambia, resta sempre la stessa.

Tra i tessuti naturali evidenziamo
-Il cotone
Di origine vegetale, il cotone è uno dei tessuti più utilizzati al mondo. Dotato di particolare freschezza, esso permette alla pelle di respirare e di non trattenere il sudore.
-La canapa
Questo tessuto, di origine vegetale, oggi sta andando molto di moda. Accuratamente trattato offre dei risultati particolarmente soddisfacenti.
-La lana
La lana, di origine animale, è in assoluto il primo tessuto tramato realizzato e utilizzato dall’uomo. La particolarità di questa stoffa sta nell’avere una forte capacità assorbente, in grado di assorbire l’umidità della pelle e quindi di ridurre il sudore fino al 30%.
-La seta
Questo tessuto, la cui origine è animale, è un tessuto tipicamente estivo, molto morbido e molto fresco.
-Il lino
Il lino, di origine vegetale, come la seta, è un tessuto di tipo estivo, che dona molta freschezza.
-Il lyocell
Si tratta di un tessuto particolare, che allo stato iniziale si presenta come fibra cellulosa, la quale, se lavorata con un solvente di tipo organico, può essere utilizzata come tessuto.
Attenzione alle sostanze tossiche

Oggi viene rivolta una particolare attenzione alla realizzazione dei pigiami per bambini. È importante che quest’ultimi vengano prodotti con sostanze non tossiche, probabili cause di danni alla salute di chi li indossa. Questa particolare attenzione nasce da un avvenimento accaduto anni addietro. Tempo fa, fece scalpore la notizia (era su tutti i giornali) che i pigiami per bambini fossero realizzati con sostanze nocive, le quali, anche se non immediatamente, avrebbero potuto provocare danni alla pelle e quindi alla salute.
Le varie aziende tessili, lavoravano i tessuti utilizzando prodotti (come detergenti, fissanti e coloranti) altamente tossici. Gran parte di questi, purtroppo, invece di venire smaltiti, restavano sui tessuti con il rischio di provocare seri danni alla pelle del bambino. Si pensi all’angoscia dei genitori, abituati a far indossare ai loro piccoli pigiami convinti della loro sicurezza (proprio perché realizzati per i bambini) e scoprire, invece, che questi avrebbero potuto arrecargli danno.

L’ideale sarebbe, da parte delle aziende produttrici, utilizzare delle sostanze meno nocive, le quali pur restando sui tessuti non provocano danni alla pelle: irritazioni, dermatiti o patologie più gravi. Nonostante ciò, anche se l’attenzione per la lavorazione dei pigiami per bambini, è oggi più assidua, non ci si può comunque fidare. Anche scegliendo una marca nota o pagandolo ad un prezzo elevato. Per questo motivo, quando ci accingiamo ad acquistare un pigiama è preferibile acquistarne uno di cotone semplice.
Questo tessuto non solo non richiede additivi tossici per la lavorazione, ma è anche molto leggero e traspirante. L’ideale, dunque, per il contatto con la pelle. Ci sono però dei casi in cui magari il pigiama ci viene regalato. Se si ha la possibilità, è conveniente sostituirlo con quello di cotone. Se non è possibile, perché magari il bambino piange e vuole proprio quello, colorato e con i disegnini, è opportuno, prima di farlo indossare, immergerlo in acqua e lasciarlo in ammollo. In questo modo è possibile scaricare tutte le sostanze tossiche rimaste sul pigiama.

Anche se può sembrare semplice, in realtà la scelta di un pigiama per il nostro bambino deve seguire dei precisi criteri. Come prima cosa un pigiama, e non solo quello per bambini, deve essere confortevole e pratico. Per questo motivo è bene sceglierlo sempre della taglia giusta, né troppo piccola né troppo grande, che lasci al bambino libertà di movimento. Soprattutto, poiché abbiamo a che fare con dei bambini, il pigiama deve essere anche sicuro. Questo significa che sono assolutamente da evitare quei pigiami con accessori vari, come bottoni, fiocchetti ecc., che possono soffocare il bambino durante la notte.
Un diverso tipo di pigiama verrà scelto per l’inverno e per l’estate. In inverno, se il bambino dorme nel suo lettino da solo, è preferibile che indossi il classico pigiamone, quello intero che si chiude con la zip. Anche se può sembrare scomodo, questo tipo di pigiama copre interamente il bambino e lo difende dal freddo qualora dovesse scoprirsi durante la notte. Durante l’estate, invece, è sufficiente un pigiama semplice di cotone, il classico due pezzi, che può essere lavato e stirato facilmente. Se possibile, per evitare eventuali allergie e dermatiti, è preferibile che il tessuto del pigiama non tocchi direttamente la pelle del bambino. Per evitare tutto ciò è consigliabile mettere sotto la maglietta una canotta di cotone o di fresco lana.

In commercio esistono pigiami per bambini di ogni modello, tessuto e colore. Per dettagli sui vari modelli è possibile vedere questa guida su Coseperbambini.com. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Possiamo trovare pigiami di ogni colore e fantasia, pigiami a righe, pigiami con pupazzetti disegnati, quelli con i personaggi dei cartoni animati prediletti o ancora quelli dedicati alla squadra di calcio preferita ecc. ci sono poi pigiami di ogni tessuto, di pile, di cotone, di seta, di lana ecc. ciò che conta, non dimentichiamolo è sempre la comodità. Di fronte a questa vasta scelta di pigiami, potrebbe risultare molto utile, prima di acquistarne uno, portare con sé il bambino e far scegliere a lui stesso il modello che più gli piace.

14. Maggio 2020 · Commenti disabilitati su Cosa Sono le Tecnofibre · Categorie:Abbigliamento

Si indicano con questo nome le fibre create artificialmente. Oggi il termine ha preso ad indicare in via generale ciò che anticamente era identificato distinguendo tra fibre artificiali (che venivano trattate e modificate usando dei reagenti) e fibre sintetiche (create ex novo con molecole ottenute per sintesi).

Queste sono le più recenti per sperimentazione (si parla degli anni Trenta e Quaranta), e vengono realizzate a partire da materiali di natura organica che sono poi polimerizzate chimicamente in laboratorio. I polimeri così realizzati sono stati poi alla base delle materie plastiche, non fibrose e utilizzate per le resine sintetiche che vengono realizzate in serie a partire da materie derivanti da composti petroliferi.

Le proprietà meccaniche variano in base al reagente utilizzato, e le fibre resistono bene a mutazioni biologiche e atmosferiche. Gli inconvenienti sono la non biodegradabilità e il fatto di essere create sinteticamente, quindi non potendone prevedere la reazione. È peraltro da sottolineare che proprio perché costruite in laboratorio utilizzando dei coloranti, le resine come le fibre sintetiche possono provocare allergie. Inoltre non possono nemmeno essere impiegate per il vestiario quelle fibre che, se a contatto col fuoco bruciano a fiamma viva, in quanto provocherebbero gravi ustioni. A tali inconvenienti la moderna tecnologia ha trovato una soluzione, e infatti sono state progettate delle fibre ipoallergeniche e ignifughe con le quali vengono prodotti pannolini e indumenti.

In base alla reazione con il calore, le resine sintetiche si classificano in:
-Termoplastiche
Fanno parte di questa categoria quasi tutte le fibre sintetiche. Rappresenta quei materiali la cui struttura è caratterizzata da una catena unitaria di macromolecole, che consente di modificare più volte l’elemento rendendolo plastico e idoneo per la lavorazione a caldo senza cambiarne definitivamente la struttura molecolare.
-Termoindurenti
La struttura molecolare assume forma tridimensionale e una volta sottoposti a lavorazioni plastiche o con fonti di calore non è più possibile riportarli allo stato originario.

Le fibre sintetiche vengono create raggruppando più micromolecole (o monomeri) di sostanze organiche. Le unità possono essere accostate in modo tale da reagire fra di loro (in questo caso si parla di omopolimeri), oppure senza giovarsi di questa caratteristica (copolimeri).

Tale processo di polimerizzazione può differenziarsi a seconda del tipo di concatenazione che i monomeri assumono: avremo quindi la polimerizzazione per poliaddizione se le micromolecole si uniscono senza determinare una perdita di peso o di atomi, viceversa avremo la polimerizzazione per policondensazione. I diversi tipi di polimeri che stanno alla base delle fibre sintetiche ne consentono di conseguenza la suddivisione in “famiglie”.

La classificazione in polimeri di poliaddizione e polimeri di policondensazione si deve al chimico statunitense Carothers, che la suggerì nel 1929. Ancora oggi, nonostante le problematicità di ricondurre a due sole categorie la varietà di meccanismi di formazione dei polimeri, tale classificazione è utilizzata restringendo tuttavia l’ambito di applicazione: in particolare i poliaddotti si riferiscono a un procedimento di poliaddizione di monomeri di vinile o diolefine, invece i policondensati raggruppano gli altri prodotti ottenuti mediante policondensazione formati non solo da atomi di carbonio, ma anche da altri come l’ossigeno o azoto.

14. Aprile 2019 · Commenti disabilitati su Come Scegliere Abbigliamento da Equitazione · Categorie:Abbigliamento

L’equitazione è uno sport antico che richiede un abbigliamento particolare per poter cavalcare nel modo migliore e in tutta sicurezza. Richiede, inoltre, due tipi di abbigliamento diversi, l’abbigliamento da allenamento e quello da competizione oltre a tutta una serie di accessori indispensabili.

L’equitazione è uno sport che prevede, ovviamente, un fantino con il suo cavallo.Il cavallo è, infatti, un animale ammaestrabile che sembra proprio fatto apposta per essere cavalcato. L’equitazione è costituita da varie differenti discipline divisibili in discipline olimpiche e discipline non olimpiche.

Nelle discipline olimpiche rientrano il salto degli ostacoli, il concorso completo e il dressage. Il salto ad ostacoli prevede che cavaliere e cavallo superino una serie di ostacoli all’interno di un terreno circoscritto. Gli ostacoli sono di diverse tipologie ed ognuno ha un punteggio differente a seconda della difficoltà del salto. Il concorso completo è, invece, costituito da tre differenti prove. La prima prova è una prova di addestramento e verte sulle tre diverse andature possibili che sono, com’è noto, il passo ossia l’andatura più lenta, il trotto e, infine, il galoppo ossia l’andatura più veloce. La seconda prova prevede il superamento di un percorso ad ostacoli naturali come dune e laghetti. La terza prova, invece, è un salto ad ostacoli. Il dressage consiste nel mostrare il portamento del cavallo attraverso una serie di movimenti che possono essere in parte prestabili e su richiesta e in parte invece in stile libero con sottofondo musicale.

Nelle discipline non olimpiche rientrano, invece, la disciplina degli attacchi ossia una sequenza di tre prove fatte con una carrozza trainata dal cavallo, la disciplina del reining ossia un percorso su sabbia al galoppo in modo molto spettacolare, la disciplina del volteggio ossia ginnastica acrobatica fatta direttamente sul cavallo in movimento, e la disciplina dell’endurance ossia un percorso molto lungo in campagna simile ad una maratona. Se un tempo l’equitazione era uno sport praticato solo dalle classi altolocate oggi è uno sport molto diffuso. È vero, però, che è uno sport molto costoso non tanto per le attrezzatture quanto per il cavallo e, soprattutto, per pagare il maneggio che lo ospiterà.

Stivali, caschi da equitazione e altri capi d’abbigliamento

Gli stivali sono, ovviamente, un capo d’abbigliamento da equitazione indispensabile per il cavaliere. Esistono diverse tipologie di stivali differenti che si differenziano tra loro soprattutto per il materiale utilizzato. Gli stivali più professionali sono solitamente infatti di pelle mentre quelli meno professionali possono essere anche in pvc. La cosa importante è che siano facilmente pulibili perchè basta una sola cavalcata a sporcarli di fango o di terra. Ovviamente gli stivali in pvc sono pulibili in modo molto semplice. Bisogna stare bene attenti però che siano fatti di un unico pezzo senza parti incollate altrimenti si rischia che con l’usura a cui verranno continuamente sottoposti si scollino. Il pvc ha anche l’importante caratteristica di essere completamente impermeabile. Questo tipo di stivale in pvc è solitamente costruito in modo tale da risulatare semplice infilarlo grazie ad un gambale particolarmente ampio. Gli stivali in pvc però non possono considerarsi stivali per cavallerizzi professionisti. Gli stivali professionali sono prodotti soprattutto in cuoio.

Anche il casco è un accessorio fondamentale annoverato nell’abbigliamento per equitazione in quanto purtroppo è molto semplice cadere da cavallo e il casco evita che le cadute possano avere ripercussioni gravi. I caschi da equitazione hanno solitamente tre attacchi in modo da impedire che il casco possa slacciarsi o muoversi e in modo che anche il mento sia protetto il più possibile. Sono solitamente dotati di visiera flessibile. Per alcune tipologie di competizione esistono caschi appositi. In alcuni tipi di competizione invece del casco si dovrà acquistare un cappello apposito. Questo è il caso per esempio del dressage in cui è necessario indossare un cappello a cilindro o un cappello a bombetta. Risulta essere molto importante controllare sempre che i caschi da equitazione siano omologati. Per una maggiore protezione è possibile acquistare anche il giubbino protettivo. Oltre ai giubbini di protezione esistono anche dei corpetti di protezione. Anche i guanti sono uno strumento importante per l’equitazione. I migliori guanti per equitazione possiedono la parte del palmo in pelle.

Pantaloni

Risulta essere necessario che i pantaloni da equitazione siano allo stesso tempo aderenti ma comodi. Entrambe queste caratteristiche sono, infatti, fondamentali per la riuscita di un’ottima cavalcata. Le gambe, infatti, nell’equitazione sono sottoposte sia ad uno sforzo muscolare molto grande sia allo sfregamento per quanto riguarda la parte interna. I migliori materiali, quindi, per la fabbricazione dei cotoni da equitazione sono il cotone e la microfibra. Il cotone è adatto in quanto è un materiale totalmente naturale e anallergico, ma la microfibra lo ha soppiantato molto in questi ultimi anni in quanto si tratta di un materiale elastico, flessibile e molto resistente. È vero, però, che nella maggior parte dei casi oltre al cotone i pantaloni presentano una percentuale di elastene che li rende appunto elastici e maggiormente resistenti. Molti pantaloni da equitazione, soprattutto quelli più professionali destinati a coloro che praticano equitazione spesso durante tutto l’anno, sono provvisti di rinforzi nella parte interna della gamba e al fondoschiena, cioè, come abbiamo accennato, nelle parti più sottoposte a sfregamenti e, quindi, ad usura. In alcuni casi questi inserti possono essere in ecopelle o comunque avere un colore e un tessuto differente rispetto al resto del pantalone. I pantaloni da equitazione sono, ovviamente, disponibili in vari colori differenti e come in tutti i capi d’abbigliamento per equitazione nei modelli per uomo, donna e bambino.

Sopra ai pantaloni e agli stivali si portano solitamente le ghette che partono subito sotto il ginocchio fino ad arrivare alla caviglia e chiudersi sotto il piede con una parte elastica. Coprono praticamente tutto lo stivale lasciando fuori tutto il pede. Sono solitamete provviste di cerniera per permettere una facile indossatura. Le ghette sono molto utili in quanto la fascia elastica sotto il piede è proprio il punto che sta a contatto con il quartiere della sella evitando così che si possa scivolare da essa. Le ghette sono disponibili in diversi materiali come ecopelle, pelle o in fibre sintetiche e, ovviamente, sono disponibili in diversi colori. Hanno le forme sagomate in modo da potersi adattare nel modo migliore alla forma del polpaccio.

Altri capi di abbigliamento da equitazione

Per quanto riguarda l’abbigliamento per la parte superiore del corpo questo è molto variabile. Si possono indossare felpe, pile e maglioni mentre in estate si prediligono le polo di cotone. Queste considerazioni sono valide sia per gli uomini, sia per le donne, sia per i bambini. Sono tutti capi dalle linee semplici e comode che diano il maggiore comfort possibile e grande libertà di movimento. È importante, però, che i capi invernali siano particolarmente caldi perchè bisogna sempre tenere presente che l’equitazione è uno sport che viene praticato all’aperto. Proprio per questo è consigliabile munirsi anche di un buon giacchetto per i periodi più freddi dell’anno. I giacchetti da equitazione sono giacchetti corti che non arrivano mai al di sotto della vita. Proprio per questo si prediligono i giacchetti bomber con una fascia elastica in fondo. In questo modo viene consentita la massima libertà di movimento senza però che, a causa della poca lunghezza, la giacca possa salire scoprendo la schiena. Esistono modelli sia da uomo che da bambino che da donna. Solitamente i modelli da donna sono più aderenti e seguono le linee femminile mentre quelli da uomo hanno un taglio più dritto.

Durante le competizioni lo stile di un cavaliere deve essere molto più elegante. Esistono appositi capi di abbigliamento studiati appositamente per queste situazioni. Per quanto riguarda le competizioni, infatti, è possibile acquistare camicie da competizione, giacche da competizione e anche cravatte da competizione. Le camicie per gare e concorsi da equitazione sono di colore bianco. Solitamente i modelli da donna hanno il collo in stile coreano mentre quelle da uomo hanno il collo normale per permettere l’inserimento della cravatta. Anche la cravatta per le competizioni è rigorosamente bianca. Anche i bambini durante le gare devono indossare le camice bianche ma in questo caso si può non fare distinzione tra maschi e femmine e acquistare per entrambi la camicia col collo in stile coreano. Le giacche da competizione non hanno un colore prestabilito. Ne esistono modelli differenti per uomo e per donna e quelle per donna sono, ovviamente, più aderenti. È molto importante che le giacche da equitazione siano fatte di tessuto tecnico adatto al movimento. Devono essere, quindi, elastiche e morbide.

Dove comprare e a quale prezzo

I capi da abbigliamento per l’equitazione sono acquistabili nei negozi specializzati. Esistono anche molti negozi on line a cui è possibile fare riferimento. I negozi specializzati, però, possiedono per lo più capi molto professionali e ovviamente più costosi rispetto ad altri. Come abbiamo detto in precedenza questo sport può essere dispendioso economicamente ma per quanto riguarda l’abbigliamento oramai sul mercato esistono anche linee per equitazione a basso prezzo. I grandi store di abbigliamento sportivo che stanno proliferndo negli ultimi anni sul nostro territorio e che sorgono soprattutto a ridosso dei grandi centri commerciali possono essere un vero toccasana per il nostro portafoglio offrendoci prodotti comunque certificati e adatti allo sport anche se di una qualità leggermente inferiore. Il consiglio è quello di rivolgersi a questi negozi per l’abbigliamento che vi serve per l’allenamento giornaliero.

Per quanto riguarda, invece, l’acquisto di abbigliamento da competizione e per quanto riguarda l’acquisto di alcune tipologie di accessori può essere, invece, più utile rivolgersi ai negozi specializzati dove è possibile incontrare commessi che possono darvi i giusti consigli e una più vasta scelta di articoli.

Se diamo un’occhiata ai prezzi dell’abbigliamento per equitazione possiamo renderci conto che ne esistono per tutte le tasche. I pantaloni da equitazione hanno un prezzo che può oscillare dai 30 ai 150 euro circa mentre il prezzo delle ghette può variare dai 30 ai 50 euro. Per quanto riguarda maglie, felpe e maglioncini, invece, il prezzo oscilla dai 30 agli 80 euro. Gli stivali da equitazione hanno un prezzo che oscilla dai 30 ai 200 euro circa. Questa differenza di prezzo dipende in parte dalla marca scelta, ma ovviamente anche dal materiale. Gli stivali in cuoio più professionali avranno, infatti, un prezzo più alto rispetto ai semplici stivali in pvc. I caschi hanno un prezzo che si aggira intorno ai 30 euro. Per quanto riguarda l’abbigliamento da competizione, invece, il discorso cambia. Se è vero, infatti, che le camicie da competizione hanno un prezzo che oscilla dai 30 ai 60 euro, un prezzo non particolarmente alto, è vero che le giacche hanno un prezzo che oscilla dai 70 euro fino ad arrivare anche ai 300 euro circa.