14. Agosto 2020 · Commenti disabilitati su Stivali da Donna – Come Sceglierli e Come Indossarli · Categorie:Scarpe

Prima erano soprattutto una calzatura invernale, utilizzata per proteggere il piede dal freddo grazie al fatto che gli stivali coprono anche parte della gamba; da qualche anno a questa parte gli stilisti hanno proposto modelli realizzati in un tessuto leggero e traspirante, adatto anche alle stagioni più calde.

Storia
Modelli a tronchetto
Dove comprare
Salute dei piedi
Storia
Storicamente lo stivale nasce come calzatura puramente maschile, che veniva adoperata soprattutto per quelle professioni particolarmente dure in cui serviva proteggere le gambe. Intorno all’ottocento, però, anche le donne cominciano ad indossare tale capo. I primi stivali sono rigorosamente senza tacco e vengono indossati e stretti tramite appositi lacci.

Bisogna attendere gli inizi degli anni novanta perché la produzioni di stivali per donna si intensifichi sempre più e si inizino a creare i primi modelli con tacco. Tra gli anni 50 e gli anni 60, grazie alla mitica invenzione della minigonna, gli stilisti dell’epoca sentono l’esigenza di coprire la gamba femminile se non più con la stoffa delle donne, con lo stivale. Nascono quindi i primi modelli, alti quasi fino al ginocchio, e a volte anche sopra il ginocchio, il tacco è medio-alto e sono particolarmente aderenti e per questo provvisti di cerniera ai lati della scarpa.

Col passare degli anno i disegni mutano sempre più rapidamente e in maniera strepitosa: gli stivali si allungano fino all’altezza dell’inguine. E’ l’era delle mitiche zeppe, che spopolano tra tutti i tipi di calzature, tendenza che, come sappiamo, verrà ripresa in anni successivi, vicini ai nostri giorni. Anche gli stivali si adattano a tale tendenza e comincia a divenire sempre più alto e a rendere le donne che li indossano molto più slanciate e di conseguenza più belle.

Passano gli anni e intorno agli anni ottanta lo stivale è diventato un vero e proprio strumento di culto: se ne trovano di tutti i tipi: rigidi, morbidi, di camoscio o di stoffa, che aderendo perfettamente al polpaccio, fanno quasi da calza. Di gran moda e gettonatissimi tra la popolazione femminile gli stivali maculati. Oggi gli stivali sono considerati da tante donne molto intimi, simbolo della propria femminilità e della loro naturale sensualità.

Modelli a tronchetto

Gli Stivali tronchetto sono un ritorno della moda degli anni 70. Sono stivali particolarmente bassi, che arrivano all’altezza della caviglia e che possono essere indossati con qualsiasi abbigliamento. Sono, e ciò non è poco, anche molto comodi, e per chi ha bisogno di conciliare la comodità ma non vuole rinunciare a seguire la moda rappresentano lo stivale ideale.

Possono essere indossati con le gonne, lunghe fino al ginocchio o corte, con vestitini casual e sbarazzini, con jeans e pantaloni a sigaretta. Anche nella scelta delle calze, essi non hanno particolari esigenze. Vanno benissimo con i collant, ma anche con calzini più spiritosi, colorati e di pizzo. In camoscio, con le borchie, in pelle, questo stivale è stato proposto da tante case di moda, ognuna dando un proprio tocco di originalità.

Questo genere di stivali è particolarmente usato dalle ragazze un po’ bassine e che hanno gambe non proprio kilometriche. Grazie al fatto di terminare prima del ginocchio, gli stivali tronchetto conferiscono un senso di slancio in più alla figura umana. Sono anche particolarmente adatti con il mezzo tempo, quando la scarpa aperta è troppo estiva e lo stivale che arriva fino al ginocchio troppo ingombrante e fastidioso. Un abbinamento che va molto forte per la prossima stagione è quello tra stivale tronchetto e camoscio. Se ne trovano molti modelli in giro, sono estremamente pratici e spesso con pochissimo tacco, circa due – tre centimetri.

Dove comprare

Come abbiamo visto, sono tantissimi gli stilisti che disegnano e propongono per ogni loro collezione modelli nuovi di stivali: ciò rende l’idea della grande diffusione e di quanto i clienti ricerchino la qualità e l’originalità nei loro capi, specie se si tratta di scarpe.

Ovviamente i marchi citati, essendo quasi tutti di alta moda hanno prezzi non certo abbordabili a tutti. In quasi tutti i migliori negozi di scarpe, però, sicuramente troverete un reparto dedicato agli stivali: negozi come Bata, Cinti, negozi Geox, tutti fornitissimi di questo accessorio che sembra proprio non passare mai di moda! Qui i prezzi saranno sicuramente più bassi, ma raccomando sempre e comunque la ricerca di qualità dei materiali.

Non acquistate solo in base al gusto estetico, perché se il piede soffre dentro lo stivale camminare diventerà un incubo. Fate caso al tipo di materiale, privilegiando le pelli morbide o il camoscio e comunque diffidate di stivali al di sotto dei 50-60 euro, perché, a meno che non siate nel periodo dei saldi, difficilmente costi inferiori potranno offrirvi materiali di qualità. In alternativa alla classica vendita di stivali, abbiamo quella on-line.

I vantaggi sono la grande varietà e possibilità di scegliere tra marchi diversi e , se siete fortunati, la possibilità di risparmiare qual cosina sulla vostra spesa. Tanti stilisti hanno messo on-line delle vere e proprie boutique, in cui è possibile vedere le loro nuove collezioni, conoscerne i prezzi ed eventualmente acquistarli. Arriveranno direttamente a casa vostra entro un paio di settimane. Attenzione però, se decidete di acquistare i vostri stivali su internet, dovrete essere assolutamente certi che della misura che fa per voi. Se, quindi, come spesso accade, il numero di scarpe che calzate dipende e cambia da ogni diverso modello, preferite provare prima di acquistare gli stivali, altrimenti potrebbero arrivare a casa vostra stivali bellissimi ma immettibili.

Come Indossarli

Molto spesso, troppo spesso, la moda non tiene conto di quale tipo di impatto alcuni prodotti possono avere sulla salute delle persone. Nello specifico, nel caso delle scarpe, quindi, ci si ritrova ad indossare calzature che hanno una fisionomia totalmente incompatibile con quella dei nostri piedi. Questo perché gli stilisti sono sempre alla ricerca di forme nuove, di materiali e tessuti diversi, per rinnovare ogni stagione le loro collezioni.

Per fare un esempio, è risaputo che indossare tacchi troppo alti costringe la donna ad assumere posizioni che a lungo andare provocano mal di schiena. Un tacco molto alto, specie in una scarpa chiusa come lo stivale, provoca uno spostamento in avanti del corpo; il piede, quindi non poggia sulla base totale e per questo motivo ha una base più piccola di appoggio.

Anche se i tacchi non passano mai di moda e tutte le donne conoscono i benefici a livello estetico, è importantissimo tenere conto anche degli aspetti salutari quando ci apprestiamo a comprare uno stivale. Un altro esempio è quello degli stivali a punta. Le punte, molte volte troppo strette, costringono le dita dei piedi a stare compresse in uno spazio troppo ristretto.

Se sono troppo stretti, a lungo andare, e a volte anche dopo la prima uscita con dei nuovi stivali, si potrebbero formare calli dolorosi che richiedono anche parecchio tempo prima di guarire del tutto. Ricordate che è possibile e necessario conciliare moda e comodità, privilegiando materiali morbidi e forme non troppo spropositate. Fate, inoltre, molta attenzione anche alla misura del vostro stivale e considerate che oltre alla lunghezza del piede va ben osservata la vestibilità alla caviglia e al polpaccio. E’ importante che lo stivale non stringa troppo e che lasci una minima possibilità di movimento alle vostra dita.

Gli stivali sono un elemento che anche in passato avevano il loro fascino. Grazie alla fantasia degli stilisti, i negozi sono pienissimi di tanti modelli diversi, per cui, anche se i vostri gusti sono particolarmente difficili, sicuramente troverete la scarpa che fa per voi.

28. Luglio 2020 · Commenti disabilitati su Impermeabile – Come Sceglierlo e Come si Indossa · Categorie:Abbigliamento

L’impermeabile è un capo di abbigliamento, appositamente realizzato per ripararsi da intemperie come pioggia e vento. Si usa soprattutto in primavera e autunno, e serve a proteggere dai primi freddi di stagione, o dalle piogge ancora lievi in primavera. I modelli più vecchi consistevano in semplici teli di plastica: anche la moda però ha bisogno delle sue evoluzioni, e quindi quelli in commercio ora sono tessuti particolari, dalle forme e fatture molto simili a quelle di una giacca.

Per chi vuole un look più sportivo, ci sono anche dei modelli con cappuccio, molto efficaci in caso di rovesci improvvisi. Ciò che rende praticamente unico l’impermeabile è il tessuto, realizzato in modo da non inzupparsi, proprio perché impermeabile. Per avere questo risultato, la stoffa deve essere opportunamente trattata. Agli inizi del XVII secolo, compare il primo prototipo di impermeabile: il modello era mutuato dalla tipica raffigurazione di San Rocco, e tale mantello venne perciò chiamato sanrocchino. In quel periodo, per rendere impermeabili gli indumenti, venivano utilizzati diversi materiali come il caucciù, polvere di sughero o particolari vernici.

Cerata

L’impermeabile utilizzato dai marinai e realizzato in tela cerata, viene denominato cerata. Esso è estremamente comodo per le manovre in barca e vanta una solida robustezza. Rendere impermeabili gli indumenti è da sempre stata una preoccupazione per l’uomo. I tentativi si susseguono dall’epoca greco – romana, al Rinascimento: tra essi spicca un prototipo di impermeabile diffuso in Lombardia nel XVII secolo, il sanrocchino. Questo capo, che prese il nome da San Rocco, rappresentato nell’iconografia sempre con un mantello, si diffuse rapidamente per proteggere dalle piogge e dalle frequenti nebbie lombarde. Passando al secolo successivo, troviamo ancora dei tentativi per rendere un capo in permeabilis, (dal latino, “che non può essere penetrato”). Si utilizzò parafina, guttaperca, sughero, vernice da barca. Avere un indumento impermeabile era davvero desiderabile, come dimostra un aneddoto significativo a riguardo. Fu proprio un impermeabile ad essere donato al Re di Napoli Carlo di Borbone dal principe di San Severo, Raimondo di Sangro.

Trench

Quando nel 1901 il Ministero della Guerra inglese ordinò alla ditta Burberry un capo d’abbigliamento collocabile a metà strada tra l’impermeabile e il cappotto militare, nacque il trench. Il nome, per l’appunto, viene dall’inglese trench coat, ovvero “cappotto da trincea”. Lo abbiamo tutti davanti agli occhi, nel Tenente Colombo, indossato da Humphrey Bogart e da Peter Falk, o ancora nella Pantera Rosa, portato da Peter Sellers. Ma quali sono le caratteristiche di questo indumento? Esso, di evidente derivazione militare, ha delle spalline pronunciate, l’allacciatura a doppiopetto, il sottogola e la cintura, tutti elementi che contribuiscono a rendere il trench ben riconoscibile. Per una chiusura migliore, esso presenta una falda triangolare sovrapposta alla normale allacciatura. Il tessuto con il quale è realizzato è il gabardine, di solito color kaki, ma oggi in molte colorazioni; tale tessuto permette un’agevole protezione da pioggia ed intemperie, ma non dal freddo. Per questo occorre indossarlo sopra la giacca o il gilet imbottito.

Kway

Questo tipo di impermeabile, di piccolo formato con cappuccio, è stato inventato nel 1961, in Francia, presso Pas de Calais. Ha la peculiarità di essere facilmente ripiegabile nella tasca marsupio inserita appositamente sul davanti, dotata anche di una cintura elastica, che permette a chi lo indossa di legarlo in vita con facilità. Il materiale è il nylon, il colore tradizionale è blu o rosso, e il taglio delle maniche è piuttosto largo, così da essere indossato anche sopra il giubbotto. Oggi la BasicNet S.p.A, società di Torino, possiede la titolarità del marchio registrato.

Gli impermeabili di un tempo

Mantello classico
Ai nostri tempi, non è così usuale trovare dei modelli di impermeabile a mantello, anche se questa tipologia era certamente quella più in voga in passato. Molto pratici e semplici, i mantelli non hanno le maniche, e si allacciano direttamente sotto al collo, grazie a dei lacci che, se è presente nel modello, servono anche per stringere il cappuccio. Questa tipologia di impermeabile, tuttavia, non è molto indicata per i primi freddi, poiché non aderisce al corpo e, essendo senza maniche, lascia passare anche molta aria.

Tabarro
Dobbiamo ritornare addirittura all’epoca dei romani per ritrovare i primi modelli di questo mantello. Storicamente, questo modello è sempre stato associato ai ceti più elevati, come i cavalieri nel Medioevo, ma anche medici e aristocratici. Tale associazione cambia con l’avvento del Rinascimento, quando il tabarro si diffonde anche tra gente meno agiata. Come si sa, le mode a volte ritornano, e anche per il tabarro si è registrato un nuovo momento di gloria intorno al 1800: in quell’epoca è infatti diventato uno dei simboli del dandismo. Certamente questo mantello prettamente maschile ai giorni nostri non è molto diffuso, anche se ha un’eleganza particolare perché oltre ad allacciarsi sopra il mento, crea un bel movimento avvolgente agganciandosi a dei bottoni sulla spalla.

Kalasiris
Anche la storia di questo impermeabile è molto antica, e interessa numerosi popoli come Assiri, Babilonesi e Egizi. Questo modello, come diremmo oggi, era unisex, ed assomigliava vagamente alla nostra camicia. Diversamente dal mantello del nostro immaginario, il kalasiris poteva avere le maniche e inoltre era molto pratico perché vestiva abbastanza aderente sul corpo.

Burnus
Risulta essere un mantello tipico delle popolazioni dell’Africa settentrionale, generalmente di colore bianco e dotato di un cappuccio di lana. I termini per indicare questa tipologia di impermeabile sono svariati, e cambiano a seconda delle popolazioni e dei dialetti. Il modello prevede una cucitura in prossimità del collo, e questa è una prima peculiarità: infatti, diversamente dai tradizionali mantelli che richiedono un sistema di allacciamento, questo non ha bisogno di particolari sistemi di chiusura. Il cappuccio può essere di varie dimensioni, anche se in genere rimane comunque molto largo. In alcuni modelli all’estremità è arricchito con un piccolo pompon.

Frock coat
La storia di questo modello inizia nel 1816, quando venne indossato per la prima volta dai militari. Il colletto era in stile prussiano: con i risvolti alti da allacciare sul collo. La vera diffusione di questo impermeabile comincia però solo nel 1830. Date le sue origini, ben si capisce come questo modello sia prettamente maschile, di solito lungo fino al ginocchio e, come nella migliore tradizione, dotato di bottoni. Le maniche sono molto ampie. Risulta leggermente più stretto in vita ed è quasi sempre a doppio petto, con i bottoni quindi su entrambi i lati.

14. Luglio 2020 · Commenti disabilitati su Stivali Tronchetti – Come Sceglierli e Come Indossarli · Categorie:Scarpe

La loro comparsa sulle passerelle, negli anni Ottanta, quasi fu uno choc, ma poi grazie a stilisti irriverenti, abiti sempre più audaci, sono diventati un must have del guardaroba femminile. Si tratta appunto del mitico stivale della felicità: il Tronchetto (o ankle boots in inglese).

Caratteristiche

Prima o poi tutte ne acquistano uno. Di Tronchetti della felicità! Ma non stiamo parlando di piante, bensì di stivali. Si disinguono dagli altri per essere alti fino alle caviglie, avere una tomaia compatta, molto sagomata, e, nella versione femminile, un tacco quasi sempre alto, a stiletto oppure a banana. Ormai un suo requisito fondamentale è il plateu di un certo spessore, per dare alla scarpa un tocco punk e glamour, agevolare la camminata soprattutto se si sono scelti tacchi importanti.

Spesso la punta è tagliata e presentano un foro dal quale s’intravedono le dita dei piedi. Occhio quindi alla cura delle unghie. Quando nacque, negli anni Ottanta, il tronchetto divenne subito uno stivale di tendenza, forse uno dei simboli del periodo assieme a leggins e spalline imbottite. Con il passare del tempo non è mai uscito dalle scarpiere delle fashion victim, anzi sono aumentate le sue applicazioni. All’inizio era infatti pensato per essere esclusivamente indossato sotto ai pantaloni, da non mostare con gonne o altro. Uno stivaletto quindi “serio”, oppure, per chi poteva permetterselo, da abbinare a pantaloncini cortissimi. Oggi invece è quasi d’obbligo sotto minigonne e hot pants, oppure pantaloni strech, meglio per chi ha le gambe sottili e toniche, e sembra indispensabile, soprattutto se decorato, tagliato, bullonato, metallizzato o pieno di strass e pietre brillanti, per avere un’aria rockettara. Infine il suo grande vantaggio è quello di rendere “più alte” le persone che proprio non svettano tra i cieli.

Consigli per indossare i Tronchetti

Evitate di acquistare Tronchetti tradizionali, ovvero tagliati alla caviglia, perché sono stati pensati, magari con la punta un po’ allungata, per essere portati sotto ai pantaloni. Infatti, se con questo modello abbinate una gonna vi ritroverete con la gamba “ingrossata”, almeno come effetto ottico.

Se decidete invece di abbinarli, come da tradizione, sotto ai pantaloni, il consiglio degli esperti della moda è di scegliere Tronchetti dello stesso colore del capo di abbigliamento. Se gli stivaletti sono neri, abbastanza alti alla caviglia, potreste abbinarli a pantaloni sempre total black infilati addirittura dentro. Questo escamotage slancerà ancora di più la gamba ed è consigliato alle persone non troppo alte.

Se siete di corporatura media e avete le gambe affusolate potrete usare il tronchetto sotto minigonne o shorts. Se le vostre gambe sono un po’ grosse, ma non volete rinunciare a questo abbinamento sicuramente sexy un consiglio è quello di usare calze supercoprenti nere. Mix che snellisce ed alza la gamba.

Il Tronchetto è sempre originale, molto glamour sotto a pantaloni skinny, ma anche, nonostante la presenza spesso di tacchi vertiginosi, dal taglio un po’ maschile. Per ovviare questo inconveniente gli stilisti hanno ammorbidito e arrotondato spesso le forme, arrichito la tomaia di decori, ne esistono versioni con diversi tagli nella pelle, incisioni, ricami. Ma per “alleggerire” e rendere più femminile l’insieme, molto deve fare chi li indossa. Il consiglio degli stylist è quello di indossare i Tronchetti con abiti iperfemminili, aderenti, mischiarli a dettagli e accessori “frou frou”, osare con scollature.

28. Giugno 2020 · Commenti disabilitati su Stivali Wellington – Come Sceglierli e Come Indossarli · Categorie:Scarpe

Lo stivale Wellington è il classico calzare da pioggia, noto ai più color verde militare e abbinato a una canna da pesca. Con il tempo ha conquistato stilisti e icone della moda grazie a versioni colorate e fantasiose. Il nome deriva dal primo Duca di Wellington (diventato poi Primo Ministro del Regno Unito) e inventore di questa scarpa. Già dagli inizi del 900, visto lo stilista d’eccezione, i Wellington erano considerati alla moda e raffinati.

Impiegati in guerra e in pace, all’asciutto come sotto al diluvio, nei campi e nell’industria, hanno ispirato poesie, canzoni, commedie teatrali, balli, ma soprattutto stilisti e modelle.

Storia e caratteristiche

Sono impermeabili, composti in gomma o Pvc. Si usano per tradizione quando piove e in genere il tronco arriva sotto al ginocchio anche se ne esistono modelli al polpaccio. Non vengono solo indossati per “ballare sotto alla pioggia”, ma anche nel mondo industriale, con rinforzi di metallo nella punta del piede, nelle sale operatorie o nei laboratori chimici. E dire che sono nati per combattere. L’Armata Britannica usò gli stivali Wellington per la prima volta a Waterloo nel 1815. La storia narra infatti che fu lo stesso Duca di Wellington, comandante dell’Armata, a progettarli istruendo un calzolaio di fiducia, il signor Hoby di Saint James Street a Londra. Il materiale usato in principio era pelle di vitello e arrivava al polpaccio, il Duca diede istruzioni precise sul taglio basso del tacco, di 1 pollice (2,5 cm circa). Battaglia dopo battaglia, Wellington notò che i soldati si ferivano soprattutto al ginocchio e allora fece alzare la calzatura.

Vista la fama del Duca come eroe di guerra, molti gentiluomini inglesi ne vollero imitarne lo stile, partendo proprio dallo stivale. Piccola curiosità: Wellington è uno degli unici due Primi Ministri britannici che ha dato il suo nome a un capo d’abbigliamento, l’altro è Anthony Eden (suo il distintivo Homburg). Grazie all’invenzione da parte di Charles Goodyear della gomma vulcanizzata, Hiram Hutchinson, nel 1853 fondò un’azienda di scarpe a L’Aigle in Francia (poi diventata il marchio “Eagle”). Lì vennero creati i primi Wellington di gomma, arrivati fino ai giorni nostri. Si diffusero subito tra gli agricoltori di tutto il mondo che ancora lavoravano i campi con gli zoccoli. Durante la Prima Guerra Mondiale furono usati nei campi di battaglia sempre dall’esercito britannico.

In quel caso il produttore faceva di cognome Hunter e gli stivali ne presero il nome (detti anche Wellington Hunter). Si narra che durante la Grande Guerra ne furono prodotti 1.185.036 paia per soddisfare le esigenze dell’esercito anglosassone. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione di Hunter fu notevole, soprattutto per le truppe destinate ai Paesi Bassi dove le trincee erano spesso allagate. Finita la guerra, i Wellington si diffusero tantissimo come stivali antipioggia adatti a uomini, donne e bambini. La suola si allargò e comparve la caratteristica punta tonda e spaziosa. Anche nelle industrie i Wellington fecero la loro comparsa ai piedi degli operai, spesso con la punta rinforzata di acciaio o, più avanti nel tempo, con poliuretano termoplastico, anche in seguito alle normative dell’antifortunistica. Il classico Wellington in gomma verde fu invece introdotto di cacciatori nel 1955 ed è presto diventato un simbolo per gli amanti della “vita in campagna” e dello stile country.

Modelli

Il modello è sempre quello da quasi due secoli, può al limite essere di pelle, di gomma, lucida o opaca, colorato e decorato in svariati modi, ma è sempre lui. Interessante però sapere che i Wellington non vengono chiamati come la capitale della Nuova Zelanda in tutto il mondo. In Australia sono i “gummies” o Blucher (nome del soldato neozelandese che combatté con il celebre Duca nella battaglia di Waterloo). Nella terra dei maori esiste anche una poesia di Henry Lawson dedicata a questo stivale-simbolo. In Canada e Stati Uniti vengono chiamati “Billy” e sono indossati, in versioni colortissime, dai giovani dei college in primavera, soprattutto negli stati del Nord America. Molto diffusa in Usa la versione a metà polpaccio tra i pescatori di gamberi.

E’ da notare che il modello più popolare negli States non è quello “verdone”, ma in versione nera con suola rossa (in particolare in Alaska). I Wellington sono diffusi anche in pelle e vengono quindi chiamati “Wellington Ranch o “Wellington’s west”. La punta molto bombata e il tacco basso, e cuciture non in rilievo, li differenziano dai classici stivali da cow boy. In Irlanda per tradizione sono i “topboots”, ma anche “Wellies” o semplicemente “Waterboots”. L a Nuova Zelanda è invece la patria adottiva di questi particolari stivali, soprattutto per le molte attività rurali dell’isola. In nome cambia in “Gumboot” e la città Taihape, nella nell’Isola del Nord, si è proclamata la capitale mondiale dei Wellington. Lì sono talmente diffusi che li usano anche i chirurghi nelle sale operatorie (versione total white) e ne esistono coloratissime varietà per i bambini. E’ stata composta persino una commedia teatrale del caratterista Fred Dagg che rende omaggio ai “Gumboot” (con tanto di canzone dedicata).

Nei paesi del Nord sono diffusissimi, in Scandinavia, per esempio, la Nokia prima di darsi alla telefonia mobile era una produttrice di Wellington. Negli Stati che componevano la ex Unione Sovietica sono arrivati invece nel 1920 e sono ormai gli stivali tradizionali, foderati, per quando arrivano i primi freddi. Anche in questi Paesi sono diventati un simbolo, introdotti da Stalin nelle fabbriche, più tradi, quando Nikita Krusciov prese il potere, furono da lui indicati come esempio di “stile socialista” del vestire (chissà cosa ne avrebbe pensato il Duca) tanto che tra il 1961 e il 1964 sparirono le calzature di pelle dai negozi e praticamente si potevano indossare solo Wellington o simili.

In Sud Africa, dove venivano usati nelle miniere di diamanti, il loro battere incessante a terra ha creato un vero e proprio genere musicale: il “gumboot zydeco”. Anche perché, essendo obbligati al silenzio, i minatori comunicavano con una specie di codice Morse degli attrezzi da lavoro, colpi di stivali compresi. L’insieme di suoni divenne col tempo una vera e propria musica d’intrattenimento e lo stivale venne introdotto nelle danze popolari. Paul Simon, nel celeberrimo album Graceland del 1986, registrato in gran parte in Sud Africa, dedica una canzone ai Wellington.

Ma non è finita, in Scozia, il comico Billy Connolly ha scritto “Welley Boot song”, la sua più celebre canzone. Altri sono gli esempi di quanto questi stivali di gomma siano d’ispirazione per gli artisti. La band Gaelic Storm usa il battito dei Wellington nell’album “Wellies Yer” con la quasi omonima canzone “Wellies Kelly”. Tra il 1994 e il 1996, la BBC1 creò una serie televisiva, “William desires”, dove un paio di Wellington rossi potevano esaudire ogni desiderio del protgonista. In Danimarca gli Alphabeat ‘s pubblicarono nel 2007 un album contenente una canzone chiamata “Rubber Boots / Mackintosh” con chiari riferimenti all’uso dei preservativi (“indossate sempre gomma”). In Gran Bretagna esiste persino uno sport, il wellie wanging, che consiste nel lanciare lo stivale il più lontano possibile.

Come sceglierli e indossarli

Importante, nella scelta di tutti gli stivali e scarpe, è prestare attenzione alle cuciture o alle colle usate per incollare la tomaia alla suola. Se sono di qualità non dovreste incorrere nello spiacevole distaccamento della punta o del tacco. A seconda degli usi che ne volete fare controllate sempre la suola, che sia di materiale plastico e antiscivolo. Sarebbe infatti assurdo comprare degli stivali da pioggia con la suola liscia. Ricordatevi che il modello tradizionale non prevede imbottitura, quindi verificate di non essere allergiche alla gomma e che dovrete investire comunque un po’ di denaro in calze e calzini. Come indossarli. Nel Regno Unito sono un’istituzione, ma anche le donne del resto del mondo usano i Wellington Hunter come stivali di moda. Se volete ricalcare il look british indossateli sotto a pantaloni o jeans, trench beige e abbinate sciarpe, foulard a quadretti. Non a caso Burberry ha ricoperto con i suoi famosi quadretti anche la plastica dei Wellington (da abbinare alle celebri sciarpe).

Tuttavia i Wellington sono anche molto rock. Quindi, se non siete freddolose vanno benissimo con shorts di jeans tagliati a vivo, t-shirt e canotte da uomo magari abbinati a un giubbotto o giacchetta di pelle. Se volete esagerare, indossate anche qualche accessorio borchiato. Non vi sono solo le dame inglesi di campagna e le rocker maledette che usano i Wellington, un altro stile molto diffuso è quello da cavallerizza. Pantaloni color beige infilati dentro agli stivali, meglio se in versione di pelle, camicia bianca o dolcevita dello stesso colore con sopra una giacca sciancrata nera. E sarete delle perfette amazzoni di città.

Le gonne, se non cortissime, sono bandite dall’impiego dei Wellington. Inoltre, avendo una forma molto “country” non vanno per niente bene nelle occasioni formali e per l’ufficio. Insomma, al mattino se non dovete andare a potare le rose in giardino o a fare un giro di shopping, oppure se il vostro complesso preferito non si esibisce in città, lasciateli nella scarpiera. Sotto alla scrivania stanno male (e spesso dopo molte ore fanno anche male). Una buona notizia: sono stivali che stanno bene anche alle donne con gambe robuste, perché se sagomati danno loro una forma, inoltre, l’imboccatura è spesso regolabile da un elastico che si adatta a qualsiasi “spessore” dell’arto.

14. Giugno 2020 · Commenti disabilitati su Scarpe Ballerinbe – Come Sceglierle e Come Indossarle · Categorie:Scarpe

Se siete donne dinamiche, che non amano stare sui tacchi o che per necessità non possono portare scarpe alte, le ballerine riescono a combinare nel giusto modo femminilità e praticità. Queste calzature tra l’altro non sono mai fuori moda, anche se soprattutto ultimamente sono ritornate sulle passerelle di tutto il mondo. Leggi la nostra guida per conoscerne caratteristiche, tipologie e come scegliere il modello più adatto alle vostre esigenze.

Invenzione

Sottili e alla moda, sono disponibili in diversi colori e fantasie, sono oggi un must nella scarpiera di ogni donna, ma prima del lontano 1500 erano una calzatura maschile. Erano infatti gli uomini che indossavano questa calzatura, a metà tra sandalo e scarpa, molto confortevole ed ideale per le decorazioni fastose che tanto si addicevano agli uomini di corte.

Nel Medioevo la scarpa piatta era usata da entrambi i sessi e la sua lunghezza decretava lo status di chi le portava. La gente comune aveva l’ordine di indossare calzature la cui lunghezza non superasse i 15, 2 cm; ad un cavaliere era permesso indossare una scarpa la cui lunghezza massima fosse 45,7 cm ed un Barone avrebbe potuto ostentare il suo prestigio in scarpe di 61 cm di lunghezza. Immaginate la comodità dei movimenti di un piede piccolo in una scarpa lunghissima!

Fu la piccola Caterina De’ Medici che, nel 1533, in occasione del suo matrimonio con il Duca d’Orléans, chiese al suo calzolaio che le sue basse scarpe da sposa fossero rialzate. A partire da questo episodio la scarpa piatta venne messa da parte per i due secoli successivi, lasciando spazio a stiletti e a tacchi di ogni tipo, sia per le calzature maschili che femminili.

Le scarpe piatte tornarono in voga dopo la Rivoluzione Francese, quando il tacco, tipico dell’aristocrazia cominciò ad essere considerato volgare ed ostentativo. Per tutto il 1800 ed il periodo della Rivoluzione industriale le scarpe basse furono una scelta di praticità e comodità per entrambi i sessi. Le ballerine di questo periodo erano delicatissime, molto più simili a dei guanti per i piedi che a delle scarpe vere e proprie.

Caratteristiche

Se le ballerine portano questo nome, un motivo ci sarà. Ed anche un legame col mondo del balletto e della danza, sebbene controversi rimangano i dibattiti circa le loro origini. Sarebbe stata la ballerina di origine italiana Marie Taglioni ad indossare per prima le scarpe a punta, o meglio, la ballerina che riuscì per prima a danzare un intero balletto sulle scomode scarpe. Questo grazie al suo lungo allenarsi e alla sua tenacia. Eravamo nel primo ventennio dell’Ottocento.

Secondo altre fonti le prime scarpe a punta sarebbero state disegnate da Rose Repetto negli anni Sessanta per il figlio, il ballerino Roland Petit. La casa di produzione di scarpe per la danza venne inaugurata nel 1956 e, oggi come allora, ha la sua sede a Parigi, in Rue de la Paix e produce non solo le punte per danzatrici e ballerine di tutto il mondo, ma anche ballerine di altissima qualità ed a lavorazione artigianale, spesso prodotte in edizione limitata.

La moda delle ballerine, come calzature di tutti i giorni, esplose dopo il 1957, anno in cui Audrey Hepburn camminava nelle sue piccole ballerine, abbinandole a dei pantaloni Capri e agli occhiali da sole oversize. Realizzate per lei da Gattinoni, divennero accessorio indispensabile del suo guardaroba, sia sul set che nella vita privata.
Lo stesso dicasi per un’altra icona di quegli anni, Jacqueline Kennedy, che amò così tanto le ballerine da richiederne un paio al mese al suo designer di fiducia.

Tipologie

Tornate di moda da alcuni anni circa, le ballerine sono amate soprattutto per la loro praticità e per il fatto che possono diventare, a seconda degli abbinamenti, sia una scarpa casual, sia una calzatura molto elegante per le grande occasioni. Il modello di ballerina per antonomasia è quello con la punta leggermente arrotondata. Ovviamente questo è solo uno dei tantissimi tipi di ballerine che potrete trovare in commercio. Oltre alle forme, anche i colori diversificano moltissimo i vari modelli: da quelli classici e neutri, più eleganti, fino alle tinte più vivaci e sbarazzine.

I materiali sono tra loro diversissimi, e si spazia dalla pelle, al camoscio, o al tessuto, mentre ci sono quelle da indossare nelle occasioni più importanti che possono essere impreziosite con pailettes e cinturini, piuttosto che essere decorate con fantasie eleganti e di tendenza. Anche nel mondo delle ballerine è poi arrivato il modello in gomma totale, senz’altro pratico e impermeabile, ma senza dubbio da evitare durante l’estate, per essere sicuri che il piede non soffochi. Per la stagione calda è senza dubbio più pratico il modello di ballerine aperto sulla punta. Ecco alcuni esempi di ballerine, realizzate nei materiali più in voga.
-Di seta e/o Satin
Classiche, eleganti, preziose. Ideali sotto un abito elegante o dei pantaloni a sigaretta. Ottime per impreziosire un abbigliamento casual senza apparire eccessive.
-Di pelle
Giovanili o molto sobrie, secondo le pelli impiegate e degli accostamenti scelti, sono le scarpe ideali per l’abbigliamento di tutti i giorni.
-Di cotone, tela o gomma
Sbarazzine, colorate, dalle stampe infinite. Realizzate da designer che conoscono bene il mondo a cui vogliono destinarle. Ricordano le sneakers per la suola di gomma e per la comodità, ma risultano maggiormente abbinabili a vestitini e gonne, accentuando l’aria sbarazzina e frizzante dell’abbigliamento giovane.
-Di vernice
Perfette da abbinare con una borsa o degli accessori, sono quel tocco in più di stravaganza che rende originale l’abbigliamento.
-Di gomma
Sportive e colorate, sono perfette sotto i jeans. Ideali per le giornate di pioggia poiché resistenti all’acqua, possono essere indossate anche come soprascarpe, data la loro grande plasmabilità.

Come Scegliere

Potete trovare le ballerine in tutti i negozi di scarpe e, a seconda della categoria merceologica del negozio, troverete ballerine griffate, ballerine sportive, ballerine casual o ballerine per serate di gala. Anche alcuni brand dall’orientamento più sportivo hanno creato la loro versione della ballerina, e quindi la comoda scarpa è reperibile addirittura nei negozi di articoli sportivi. Le ballerine, ormai trend affermato, si trovano anche sulle bancarelle dei mercati e nei negozi dei cinesi. Se amate passeggiare tra i colori dei mercati, pensate più al risparmio che alla qualità del prodotto, ma amate cambiare ogni giorno ballerina e possederne di tutti i tipi e colori, questa soluzione d’acquisto è la più indicata per voi.

Per chi, invece, non ama girare per vetrine e pomeriggi di shopping, ma preferisce acquistare comodamente da casa via internet, le ballerine sono reperibili su siti di shopping online o su portali specializzati. Alcuni accorgimenti per scegliere le vostre ballerine. Fate molta attenzione a come la scarpa calza sul vostro piede al momento dell’acquisto: una ballerina già larga, che non aderisce perfettamente al piede, rischia di essere persa dopo i primi 100 metri, con scarsa possibilità di incontrare il principe azzurro che ve la riporti. Una ballerina troppo stretta crea bolle che a lungo andare possono diventare fastidiose. Questo perchè, sebbene la ballerina goda degli attributi di semplicità e comodità, bisogna trovare quella giusta per il proprio piede che può essere magro e lungo o un po’ tondeggiante e per questo sarà diverso il modo in cui la ballerina calzerà.